L’Istituto Auxologico Italiano ha organizzato un convegno sui problemi connessi all’assistenza dei pazienti obesi e sulle nuove linee di indirizzo in riabilitazione.
In apertura del convegno il Ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ha dichiarato: «L’obesità richiede un approccio multidimensionale e integrato che metta al centro la persona, con tutte le sue problematiche.
Negli ospedali italiani servono reparti attrezzati a misura di obeso, di mezzi di trasporto in grado di accoglierli, una rete assistenziale sul territorio che garantisca continuità nel percorso riabilitativo.
L’obeso grave è un malato cronico, che va seguito nel tempo e richiede una continuità assistenziale; a questo scopo il Ministero della Salute ha varato un progetto riabilitativo che prevede una rete di assistenza territoriale in grado di offrire i vari accertamenti diagnostici e l’intervento di clinici qualificati nella varie specialità, a seconda del livello di gravità della patologia. Due sono gli aspetti che vanno presi in considerazione per il paziente obeso: uno non è prettamente medico ma non è di minore rilevanza, perché si tratta di garantire l’inserimento del paziente obeso nella vita di relazione, con reparti ospedalieri attrezzati a misura di obeso, mezzi di trasporto adeguati e misure che rispondano a esigenze legate alla vita di tutti i giorni. Poi c’è il problema della riabilitazione: l’obeso è un paziente cronico da gestire sul territorio, con passaggi brevi negli ospedali, legati solo alla riacutizzazione della malattia».
La rete di assistenza territoriale sarà strutturata partendo dal medico di base e dal pediatra, poi il Sian (Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione), e a seguire gli ambulatori polispecialistici, i day hospital, la riabilitazione domiciliare intensiva e infine, per gli acuti, il ricovero.
Alberto Zanchetti, direttore scientifico dell’Auxologico, spiega: «Un approccio razionale alla riabilitazione del paziente obeso deve tener conto di due fattori che determinano il quadro clinico: il grado di obesità e le patologie associate o comorbidità. Il grado di obesità è oggi valutato con il Bmi (Body Mass Index, Indice di massa corporea), che dà una valutazione solo indiretta e quindi potenzialmente fallace della quantità di tessuto adiposo. Questo è uno dei motivi per cui un Bmi relativamente basso può associarsi a gravi comorbidità, mentre pazienti con elevati valori di questo indice possono presentarsi in condizioni di salute apparentemente buone, se si eccettuano le patologie osteoarticolari. Sarebbe indispensabile una rete di strutture sul territorio collegate fra loro e con protocolli comuni, per garantire la continuità dei processi; questi presidi di primo e secondo livello dovrebbero far capo a pochi ‘ospedali per obesi’ dove il paziente possa fruire di ogni intervento, dalla chirurgia, non solo bariatrica, alla riabilitazione intensiva, con personale sanitario idoneo alla gestione di stuazioni cliniche complesse».
Per un intervento chirurgico su un paziente obeso, infatti, serve una dose maggiore di anestetico e anche il tavolo operatorio e gli strumenti chirurgici dovrebbero essere modificati. I problemi dei pazienti obesi sono i più vari, come aggiunge l’endocrinologo e primario di Medicina Interna all’Auxologico di Piancavallo, Antonio Liuzzi: «La principale mancanza cui porre rimedio è che troppo spesso vediamo pazienti rifiutati dai reparti di riabilitazione specialistica perché gravemente obesi, e non accettati dai reparti di riabilitazione per l’obeso perché complicati da patologie specialistiche, soprattutto respiratorie».
L’organismo delle persone in grave sovrappeso è spesso soggetto a complicanze come il diabete, gli squilibri ormonali, i problemi ai muscoli e alle articolazioni, quelli al cuore e ai vasi sanguigni, la predisposizione al tumore e alle malattie degerative che normalmente si presentano con l’avanzare dell’età e che invece colpiscono precocemente gli obesi. Una vera emergenza sanitaria planetaria; in Europa, fra i bambini obesi o sovrappeso quelli italiani sono i primi.
Fonte:
4 ottobre 2011, corriere.it
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