Prima ingurgitavo e basta. Oggi mi gusto il cibo, mi gusto la musica, mi gusto … Simona, finalmente!

Prima ingurgitavo e basta. Oggi mi gusto il cibo, mi gusto la musica, mi gusto … Simona, finalmente!

Ciao, io sono Simona, ho 46 anni, e vivo in una splendida città: Palermo.

Ho sempre avuto problemi con il mio peso … da piccolina ero decisamente sottopeso, molto molto magra e i miei mi fecero fare una cura ricostituente e da allora incominciai a essere “tondetta”, non grassa ma “tondetta”. Poi ingrassai per tutta una serie di motivazioni… emotive, come – penso – molti di noi obesi.
Mi fa piacere raccontare la mia storia – se vorrai leggerla – e come sono riuscita a tenere sotto controllo il mio peso e le mie emozioni… grazie alla musica, la mia grande passione! Spero che sia utile a te e ad altre persone che si trovano nella mia stessa situazione di allora. Raccontarsi è terapeutico.

 

Durante l’adolescenza, ho sofferto moltissimo per la lontananza da mio padre,
con il quale avevo un legame profondo, bellissimo. Poi, per lavoro è dovuto andar via un paio d’anni.  Ho scoperto dopo tanto tempo che i miei problemi erano quasi tutti legati al senso di abbandono causato proprio da questo allontanamento forzato.

 

Il cibo è diventato uno sfogo per tutti i miei problemi

Peccato che poi, più ingrassavo e più aumentavano i problemi. Perché pur essendo una persona molto solare, molto amicale, comunque le persone mi hanno sempre visto come una ragazza forte, sempre sorridente per cui – automaticamente – pensavano che non avessi mai problemi.
In realtà, qualsiasi problema lo sfogavo, poi , sul cibo … mangiando e ingurgitando, colmavo con il cibo quelle che erano le mie carenze emotive.

Intorno ai diciassette anni cambiai scuola, quindi decisi di lasciare ragioneria – che odiavo – e fare quello che a me piaceva, ovvero il liceo linguistico. Sono rimasta ferma un po’ di mesi perché ho dovuto fare un passaggio da una scuola a un’altra.
E in quei mesi, ingrassai tantissimo, poi feci una dieta con un “medico” che mi diede delle pillole spacciandole per erbe, in realtà poi venni a sapere che contenevano porcherie immani che mi fecero perdere quarantaquattro chili nel giro di quattro mesi più o meno, fino ad arrivare ad avere un principio di anoressia!

 

E non avevo più voce. Non riuscivo più a cantare. Il canto è stato sempre la mia passione. E non riuscivo più a cantare!

Per fortuna mi ripresi perché i miei genitori capirono che c’era qualcosa che non andava in queste famose pillole e quindi ho interrotto immediatamente quella dieta e ripresi qualche chiletto. Però non riuscii più a cantare. Mi era rimasta una sorta di blocco legato probabilmente a tutto quel periodo in cui mio padre non c’era e ad una serie di problematiche tutte correlate a quell’evento.

Quando poi mi ripresi da quella dieta anoressizzante, da lì iniziai ad ingrassare sempre nel limite del sovrappeso non dell’obesità vera e propria. Quello che poi portò al disastro totale è stata la malattia di mia madre.

Mio nonno era morto di enfisema polmonare e lei fumava tanto, era magrissima; senza giri di parole, venne anche a lei l’enfisema polmonare e negli anni peggiorò, peggiorò sempre di più.

Io ero fidanzata ai tempi con un bravissimo ragazzo, una bellissima persona, di cui inizialmente ero molto innamorata, purtroppo poi le cose andarono male, e contestualmente ci fu la malattia di mia mamma, quindi anche se poi lui ed io ci sposammo, ahimè più che altro lo sposai per far contenta mamma. Per farmi vedere maritata prima che lei non ci fosse più. Presi questa decisione di sposarmi con lui, ma pian piano mamma peggiorò.

Man mano che mamma peggiorava, io ingrassavo; man mano che le cose con mio marito andavano male, io ingrassavo. Mangiavo continuamente, senza neanche rendermi conto di quello che ingurgitavo, in realtà. Non mi importava. Aprivo il frigorifero e mangiavo qualsiasi cosa, a qualsiasi ora.

Sono arrivata a pesare centosessantadue chili e a quel punto mia madre peggiorò sempre più fino alla sua morte. Nel 2003, mamma morì a sessantatre anni. Io quel giorno mi guardai allo specchio e mi vidi così enorme, muta davanti allo specchio, mi sono odiata.

 

Mi sono detta basta, adesso basta. Riprenditi la tua vita in mano

Ed è quello che ho fatto. Subito dopo la morte di mia madre lasciai mio marito, perché in realtà era un matrimonio che non doveva neanche esserci. Facevo male a lui e a me.
Allora, avevo sentito parlare di un centro per la cura dell’obesità vicino a Verbania, Piancavallo. Sono andata lì; ho fatto un ricovero all’anno per quattro anni e ho perso in totale ottantadue chili. Sono arrivata a pesare ottanta chili.
Avendo fatto solo un percorso a base di dieta e ginnastica, in realtà negli anni successivi ne ripresi la metà, forse di più. Natale 2018 sono arrivata a pesare centotrentasei chili.

Diciamo che ero sempre stata refrattaria alla chirurgia perché questa cosa mi spaventava parecchio, la vedevo quasi come una violenza al proprio corpo però poi, ci ho riflettuto. È successa una cosa: ho visto online un video dell’Associazione Amici Obesi Onlus e mi piacque tantissimo. Si parlava anche dell’equipe del dr. Alessandro Giovanelli. Io iniziai a studiare, a informarmi su tutto quanto, però poi non ero decisa, non ero ancora pronta.

 

E proprio il Natale 2018 è successa una cosa che mi ha stravolto: io ho una sorella minore che ha un bimbo  – mio nipote, il bimbo della mia vita dato che non ho figli; stavamo giocando per terra, nel salotto di casa di mia sorella e lui mi dice “dai, zia, alzati, alzati”; e io “Amore, la zia non riesce ad alzarsi così facilmente, piano piano” e lui che mi tirava, ma un bimbetto di sei anni che tira me, che tenerezza! “Amore, piano, non ce la puoi fare, piano, mi fa male il ginocchio, mi fa male qui, mi fa male là …”
A un certo punto, Giosué, il nanetto o gnappo come lo chiamo io, mi abbraccia forte e mi dice: “Zia, tu sai che a me piace la carne no? Però se è troppa, io lo so che a te fa male, lo vedi zia non riesci ad alzarti, ti fa male il ginocchio; zia io voglio che tu stia bene, non voglio che tu stia male. Quindi un pochino devi dimagrire. Solo un pochino, però!”.

 

È stata la molla che ha fatto scattare qualcosa dentro di me

Questa cosa mi ha scioccato, comunque.  Mi vuole proteggere, pensai con tenerezza! Questa cosa mi ha svegliata. Ho detto basta! Ammetti di avere una malattia! Perché poi è quello il problema. Tendiamo a non ammetterlo neanche a noi stessi di essere malati. Non ammettiamo che l’obesità sia una patologia. Pensiamo… è come se automaticamente dessimo ragione anche a tutte le persone che ci hanno sempre deriso e preso in giro: “ … eh, ma tanto tu ti devi mettere solo a dieta …” mi sembra di sentirle “…perché è tutta questione di volontà! È tutta questione di testa, ce la puoi fare da sola, non hai bisogno di chissaché … se tu ci mettessi un po’ più di volontà, un po’ più di forza”.

Valla a mettere la volontà e la forza. Non è così! Oltre a essere una patologia vera e propria, è difficile anche riuscire a tirarsi fuori dal meccanismo che ti fa rifugiare perennemente nel cibo. Per qualcuno è la sigaretta, per qualcuno è lo sport, per qualcuno è la droga o qualsiasi altra cosa … per noi è il cibo.

 

Ed è un circolo vizioso poi, perché più ti vedi grassa, più ti odi, e più ti rifugi nel cibo. È un cane che si morde la coda, poi alla fin fine. E tutto quello che ne viene fuori è un odiarsi per non avere la forza di rimediare a tutto ciò: una frustrazione nel momento in cui passa tizio e ti dice “pacchiona” (pacchiona a Palermo vuol dire “grassa”, “cicciona”) – è una coltellata, oppure quando ti dicono “ti trovo ingrassata, sei ancora più grossa, ma quand’è che ti metti a dieta?”.

Il problema è che spesso la gente parla senza neanche sapere. Senza avere idea del dolore, che abbiamo dentro, tutto quello che ci portiamo dentro.

 

Comunque, tornando al mio “gnappo”, l’ho guardato quel giorno e gli ho detto, “…hai ragione amore mio, la zia deve fare qualcosa, non fosse altro perché ti devo portare a Disneyland e dobbiamo camminare tutto il giorno e farci tutti i giochi!”.

Si zia, va bene, dimagrisci allora”. “Da te, lo accetto, da altri no ma da te si”.

E così decisi di contattare l’equipe del dr. Alessandro Giovanelli e cominciai ad informarmi sul serio. Lo feci con una mia amica che poi, in realtà, si operò dopo di me …. Forse anche dopo che le ho raccontato passo passo la mia esperienza. Ha visto anche i risultati su di me e forse – mi auguro – sono riuscita ad aiutarla in qualche modo. Lo spero.

 

Contattai l’equipe e non dissi niente a nessuno. Ho fatto tutto da sola, perché sapevo che comunque la mia famiglia non sarebbe stata d’accordo, assolutamente.

Quindi andai a fare la visita, qui a Palermo, quando ho saputo che il team di Giovanelli si sposta abitualmente in tutta Italia, comprese le isole, per le visite nei Centri Satellite. Ma si vediamo un po’ che cosa mi dice, pensai.

Sono andata, ho incontrato il dr. Cutolo e la d.ssa Vitolo, fantastici entrambi, molto rassicuranti, simpatici entrambi, disponibili a sciogliere qualsiasi mia perplessità, qualsiasi dubbio – sono stata lì almeno un’oretta, forse più – li ho proprio spolpati, poverini, gli ho chiesto di tutto, alla fine il dr. Cutolo mi fa: “Accendiamo?” E io “Accendiamo…”

 

Sono uscita dall’ambulatorio che volavo, a un metro da terra, proprio. Da lì ho chiamato mia sorella: “Senti qua, guarda che io mi opero.” “Che fai tu?”Mi opero!” “Ma di che parli?”Mi opero” e Lei “ma tu sei pazza!”, “No, non sono pazza, io voglio vivere… e se questo è il modo in cui posso farlo, è il modo che ho per salvarmi, allora lo faccio, basta!”

Subito dopo sono andata a casa di mio padre e gli ho comunicato la stessa cosa, lui terrorizzato: “ah ma è un intervento, ma sei sicura? È una cosa invasiva …”

Ah, mi ero dimenticata di dire che nel frattempo avevo fatto un bendaggio gastrico con un’altra equipe che non era servito assolutamente a nulla… infatti, ero abbastanza demoralizzata anche per questo motivo, perché mi aveva fatto effetto soltanto i primi 3 mesi, 4 mesi ma poi era come se non l’avessi.

Per una persona come me – i medici la definiscono “sweet eater”, mangiatrice di dolci, potevo anche mangiarmi un barattolo di nutella con il bendaggio, andava uguale, e in effetti è poi quello che è successo. Non era assolutamente l’intervento adatto a me.

Per questo quando al Dr. Cutolo descrissi le mie abitudini alimentari, tutte le mie problematiche e via dicendo mi consigliò subito il bypass gastrico e io – che avevo già fatto un po’ di ricerche per i fatti miei – effettivamente ero arrivata a capire che fosse l’intervento più adatto alla mia situazione.

 

Il supporto psicologico è fondamentale. Un annetto prima avevo anche seguito dei gruppi di sostegno al Centro per i Disturbi del Comportamento Alimentare qui a Palermo e avevo seguito un percorso terapeutico con uno psicologo molto molto bravo che mi ha aiutata davvero tanto a capire tutta una serie di cose su di me. La chiave è stata anche riflettere sulle aspettative che io riponevo soprattutto nei confronti di mio padre. Questo psicologo mi aiutato a capire che le aspettative sono una delle cose più dannose perché in sostanza possiamo agire su noi stessi, non sugli altri. Su quello che sono le nostre azioni, non possiamo aspettarci dagli altri quello che noi vorremmo che facessero.  Quindi mi ha detto “tu devi lavorare su te stessa, non puoi lavorare sugli altri …” In effetti, era così. Per questo poi, ho iniziato a scervellarmi, a pensare a questa cosa di un intervento serio.

Ritornando alla visita con il dr. Cutolo, mi sentivo carica perché sentivo che era la soluzione adatta a me. Non ero così convinta quando feci il bendaggio perché ero confusa, non ero certa che fosse la cosa più adatta per me. In questo caso, invece si, ero più che convinta, ero sicura di quello che stavo facendo!

Non ho mai avuto problemi relazionali, nel senso che probabilmente anche a causa del mio carattere, espansivo, allegro, né a livello sentimentale né a livello amicale ho mai avuto problemi di sorta. Forse questo aspetto – per assurdo – mi ha penalizzato nel momento di prendere una decisione prima rispetto a quanto, invece, avrei dovuto.

In quel periodo io ho deciso di stare sola, amici si, ne avevo sempre ma a livello sentimentale mi sono resa conto di avere avuto una sorta di rifiuto, proprio un muro perché volevo affrontare questa cosa da sola, con le mie forze. Non voglio appoggiarmi a nessuno, non voglio essere condizionata da nessuno. È una cosa che devo fare io con coscienza, con cognizione, non voglio influenze, anche se so che su queste cose non mi faccio influenzare più di tanto, però – comunque – allo stesso tempo non voglio dispiacere gli altri

E quindi, ho affrontato questo percorso assolutamente da sola. Quando poi, è arrivato il momento di operarmi, mia sorella – malgrado continuasse ad essere assolutamente contraria – decise di accompagnarmi a Milano per l’intervento (il dr. Alessandro Giovanelli e il suo tema dell’INCO, Istituto Nazionale per la Cura dell’Obesità operano presso il Policlinico San Donato a San Donato Milanese).

Tra l’altro, a Novara ho una carissima amica, ormai come una sorella, che ho conosciuto online molti anni fa in una chat di gruppo di “ammiratori delle donne in carne”.  Anche lei ha avuto sempre problemi con il peso e mi ha aiutato tanto in quel periodo. Mi ha ospitato prima e dopo l’intervento: lei e mia sorella Denise sono state con me tutto il tempo. Non mi sono mai sentita sola ed è una cosa  molto importante nel percorso bariatrico il sostegno di persone care.

Dopo l’intervento, ho voluto continuare ad affrontare tutto quanto da sola, anche se mio papà e la moglie di mio papà (che nel frattempo si è risposato con una ragazza splendida che per età vedo più come una sorella) mi hanno aiutato molto. Sono stata fortunata perché mi rendo conto che in realtà questa fortuna tante persone non ce l’hanno né di riuscire a trovare la forza negli amici né nella famiglia, invece io l’ho avuta questa fortuna malgrado i rapporti conflittuali del passato.

 

A circa due anni dall’intervento, ho perso 60 chili e sono molto soddisfatta. Adesso sono in attesa di sottopormi ad alcuni interventi di chirurgia plastica ricostruttiva di rimodellamento per ottenere una figura più armoniosa. Ho già preso accordi con il dr. Turi D’Arpa, chirurgo plastico ricostruttivo di provata esperienza anche all’estero che opera qui a Palermo.

 

Spero che la mia storia possa aiutare altre persone che hanno il mio stesso problema perché poi io ce l’ho il problema; non è che perché sto dimagrendo il problema è scomparso. L’obesità è una malattia cronica ma si può imparare a gestire il proprio peso riuscendo a gestire le proprie emozioni.

 

Oggi sono più consapevole. Pensando per esempio a quando avevo ripreso i chili dopo l’esperienza di Piancavallo, adesso ho fatto un patto con me stessa che nel caso in cui dovessi riprendere peso e andare oltre una determinata soglia io so con certezza che posso fare affidamento sulle persone del mio team, sono il mio punto di riferimento, il mio faro, ho un supporto continuo da parte loro.So che ci sono e questo mi fa stare più tranquilla anche nella gestione delle emozioni.
Ho l’alternativa, ho la soluzione, il consiglio utile. So per certo che non mi lascerò più andare come prima: “vabbé oggi mangio, non succede nulla se oggi mangio…. Prendo un chilo, vabbé un chiletto che cosa vuoi che sia … due chili che vuoi che siano … tre chili che vuoi che siano …” NO, oggi ho una soglia, se andrò oltre quella soglia “Pierpaolo? Dr. Cutolo, intendo? Giuliana? Aiuto, che succede?”  Sento forte la presenza dell’equipe proprio perché mi sento seguita, mi sento accudita – è questa la chiave mi sento – fatemi dire – quasi protetta verso una cosa, un percorso che comunque è veramente difficile da affrontare da sola perché affrontare questo genere di malattia da soli è veramente complicato.

 

Ecco, da soli, appunto. Io ho avuto l’opportunità di capire anche quello che mi portava a ingrassare. Quali sono le motivazioni per cui io ingrasso, quello che mi porta a rifugiarmi nel cibo.  Quello che mi fa disperare… quello che mi faceva venire le crisi di panico … tutte cose che non ho mai detto a nessuno.  Come fai a descrivere una crisi di panico… come fai a spiegare “mi sento morire”…. “mi sento sola”, “ mi sento disperata”, “vorrei non essere su questa terra”, “vorrei essere da un’altra parte”, sentirsi persi completamente è la cosa più brutta che possa esistere, e quando ti senti persa, il cibo diventa l’unico vero amico, è difficile poi trovare un’alternativa!

 

Ho riscoperto la mia musica, la mia linfa vitale!

Oggi tu come la trovi l’alternativa? Eh, eh, bella domanda! Oggi ho avuto il coraggio di riprendere in mano la mia vera passione che è la musica, che è il canto.
Adesso non mi vergogno più a stare su un palco. Adesso sto sul palco e riesco a buttare fuori me stessa, riesco a fare vedere Simona, a dare veramente quello che ho dentro, non ci sono riuscita per tantissimo tempo.  Mia mamma voleva farmi prendere lezioni di canto “… così sistemiamo le imperfezioni…” diceva, e poi mi successe tutta quella serie di eventi di cui vi ho accennato per cui non mi veniva più fuori la voce.  Ho abbandonato, ho messo da parte tutto questo.

 

Pian piano quando ho iniziato il percorso terapeutico e ho preso questa decisione, mi sono sbloccata e adesso … adesso sono felice perché … il mio sfogo adesso è il canto, con la musica non più bisogno del cibo. Ora il cibo me lo gusto, non posso mangiare i dolci – naturalmente come li mangiavo prima perché con il bypass muoio, all’inizio anche se assaggiavo un bocconcino di roba zuccherata stavo malissimo, adesso riesco ad assaggiarlo ma l’assaggio è proprio il gustarsi il cibo, è gustarsi il momento, è gustarsi quello che vuoi senza per questo divorarlo, assaporo realmente quello che è il cibo, prima no.

 

Prima ingurgitavo e basta per nutrire la mia fame d’affetto, per colmare il mio vuoto d’amore. Ora invece lo gusto realmente. Mi gusto il cibo, mi gusto la musica, mi gusto Simona. 

 

 

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