Per me, Elena, essere stata obesa ha sempre avuto un solo significato ovvero quello di non piacere agli altri, un bisogno di conferme che mi faceva sentire sempre inadeguata, arrabbiata, insicura; mi vergognavo molto a relazionarmi con le persone, non ci mettevo mai la faccia, non mi esponevo mai e questo mi creava molti problemi, soprattutto sul lavoro. Sinceramente, penso che fosse una cosa tutta nella mia testa, non ricordo particolari episodi di qualcuno che mi abbia fatto sentire diversa ma dentro di me mi sentivo così, per me io ero diversa, i chili in più che avevo mi facevano sentire brutta rispetto agli altri e condizionavano la mia vita di relazione con gli altri. Pensavo sempre che gli altri mi guardassero e mi giudicassero. Non mi piacevo e mi tenevo a distanza.
Ai tempi, quando ero piccola, non costituiva un problema anzi le bambine paffutelle, “cicciotte” piacevano, nell’immaginario comune erano espressione di gioia e di salute. Con il cibo nella mia famiglia c’è sempre stato un ottimo rapporto, nel senso che mi dicevano: “Mangia che diventi grande!; “Mangia che ti fa bene”, non c’è mai stato qualcuno che mi ha detto “Meglio di no, non mangiare perché ingrassi”. L’educazione alimentare di un bambino di allora era molto diversa rispetto a oggi. Io sono sempre stata una bambina molto amata quindi non posso dire di cercare il cibo per un vuoto di amore: io ero figlia unica e anche l’unica nipote di quattro nonni.
Ho iniziato a sentirmi a disagio con il mio corpo e con il mio peso intorno ai quattordici anni. Crescendo non avevo il fisico asciutto delle compagne della mia età. Ero una ragazzina di un metro e settantadue per settantadue chili, quei chili che mi pesavano più di quanto avrebbero dovuto. Per questo decisi di rivolgermi a un medico che mi potesse aiutare; purtroppo risultò una scelta sbagliata perché iniziai con le varie cure dimagranti: figurella, dimagrella, etc e con tutta una serie di indicazioni sbagliate che mi hanno provocato un rapido dimagrimento per poi recuperare tutti i chili persi con grandi interessi, triplicando l’uso delle pastiglie in un crescendo pericoloso, con grande spreco di tempo, risorse e motivazione.
Dopo l’adolescenza fino a quando mi sono sposata è sempre stato un periodo di alti e bassi, il tipico effetto yo-yo per quanto riguarda i chili in eccesso.
Questo lo dico non perché sia stato il matrimonio anzi ritengo di essere stata fortunata anche perché mio marito l’ho conosciuto giovanissimo e non ha mai una volta espresso delle lamentele o delle critiche per il mio peso, ancora adesso mi dice che io gli piacevo anche prima, con i miei chili in eccesso. Quindi non è mai stato per questo discorso ma perché io non mi sentivo adeguata nel mio corpo. Non so spiegarmi, anche quando lui mi presentava ai colleghi e agli amici e lo faceva sempre in modo molto entusiasta ed amorevole, da marito orgoglioso, io invece stavo sempre in secondo piano perché non mi sentivo mai all’altezza rispetto alle mogli degli altri; portavo sempre vestiti larghi e informi per nascondere i miei chili di troppo, avevo una taglia 54-56. Ero una donna giunonica, anzi non giunonica grassa … mi rendevo conto di non riuscire neanche a essere una compagnia piacevole, stavo lì – zitta – tanto che mi guardavano come dire “Ma questa da dove arriva “ fino a che una sera – mi ricordo come fosse ora – ho deciso anche parlando con mia cognata di informarmi se esistesse qualcosa, qualche intervento chirurgico che potesse risolvere il mio problema. Allora non esistevano i gruppi di auto-aiuto e di supporto come oggi, e comunque ritenevo di avere fatto tutto quello che potevo fare per cercare di dimagrire spendendo soldi, tempo e motivazione nella ricerca di dietisti, nutrizionisti, pastiglie che poi mi hanno fatto più male che bene, così ho cercato in rete “Interventi per dimagrire” e la prima cosa che mi colpì fu l’intervento di plicatura gastrica e cominciai a guardare quale Centro nella mia Regione lo eseguisse e trovai il chirurgo con il quale fare un consulto.
Tengo molto a precisare che il mio rapporto con il cibo era si conflittuale ma non nel senso di abbuffate anche quando non avevo fame, non soffrivo di fame nervosa (emotional eating), a me piaceva e ancora adesso piace proprio sedermi a tavola e mangiare in compagnia; quando ero obesa, però, non mi sedevo con nessuno se non con i familiari stretti perché mi vergognavo e temevo il giudizio degli altri “Guarda quanto mangia quella cicciona!”. Adesso invece è un piacere condividere anche il cibo. Quindi togliermi il cibo non era dire “va bene dai, così dopo sto meglio “, era togliermi ciò che mi dava gioia, che era l’appagamento, il sapore del cibo buono, dei momenti di convivialità, non mi sentivo in colpa come chi soffre di bulimia, io le colpe non le sentivo mai se non quando mi guardavo allo specchio; più che un senso di colpa era un disprezzo per il mio corpo, un non piacermi, non sentimi adeguata nel mio corpo, non mi piacevo.
La molla è scattata appunto la sera che ho deciso di cercare una soluzione al mio disagio: ai tempi ero arrivata a pesare 120-130 chili, ero sempre stanca, non riuscivo neanche più a salire le scale, non avevo fiato, non riuscivo più a fare le mie amatissime immersioni subacque perché mi venivano stati d’ansia quando ero sott’acqua. Il mare, la subacquea l’amavo come la vita … ho iniziato a fare questa ricerca e ho trovato il Centro di Eccellenza dove andare a fare l’intervento di plicatura gastrica. Avevo fretta di riprendermi la mia vita.
Appena ho trovato il medico che allora credevo fosse quello giusto, ne ho parlato con mio marito il quale mi disse: “… se ritieni che per te questa cosa sia così pesante, andiamo insieme a sentire, la facciamo, altrimenti per me non c’è problema, mi piaci come sei”. “ Per me la cosa era molto pesante e quindi decisi di fare l’intervento di plicatura gastrica, allora sperimentale che purtroppo non ha funzionato come avrebbe dovuto non perché non sia dimagrita, sono dimagrita subito, ma perché uno dei punti di sutura – che vengono applicati per ridurre le dimensioni dello stomaco senza tagliarlo – ha ceduto creando un’ansa dove entrava il cibo e mi provocava frequenti episodi di vomito.
La mia famiglia, come ho già accennato, è sempre stata splendida, devo essere sincera e mi rendo conto che questo aspetto è davvero molto, molto importante. Se un familiare non è in grado di capire il disagio fisico e psicologico della persona cara con obesità, non è in grado di aiutarlo. Il percorso di rinascita è un percorso impegnativo, difficile da affrontare, oserei dire da subire, perché si tratta pur sempre di una violenza sul proprio corpo, per quanto voluta. Se la famiglia non è in grado di capire questo, mi dispiace tanto dirlo ma credo che sia una grossa forma di egoismo: è come se a un malato di cuore, un familiare dicesse “no, senti, non ti mettere un bypass perché tanto un tempo non c’era, si può fare sicuramente senza, stai a riposo e non ti succederà nulla ”. Pur se paradossale ed esagerato, spero che questo esempio faccia capire che cosa voglio esprimere, con convinzione.
Devo dire che non ho mai avuto paura, anzi questo percorso – per quanto molto impegnativo – l’ho sempre vissuto pensando “oh, finalmente sto andando nella direzione giusta, a riprendere anzi ad iniziare la mia vita” perché quando soffri di obesità all’età di quattordici anni una vera vita, nella sua pienezza non l’hai mai vissuta. La vivi nel momento in cui sei una persona che riesce senza problemi a relazionarsi con gli altri. Ed era ciò che desideravo.
Non ho mai cambiato idea per quello che ho fatto, perfino per gli errori di scelta dei primi interventi, perché nel tempo feci tre interventi chirurgici: in una prima struttura di eccellenza feci la plicatura dello stomaco e poi la fundectomia (asportazione del fondo gastrico), tutte due – allora interventi sperimentali – con esiti non ottimali, poi mi rivolsi a un’altra struttura di eccellenza, ad alta specializzazione, ovvero l’Azienza Ospedaliero Universitaria Pisana Ospedale “Nuovo Santa Chiara” di Pisa dove i chirurghi intervenirono con un bypass gastrico perché il mio stomaco era malconcio dagli interventi precedenti.
Nei primissimi giorni dopo il primo intervento, ricordo che mi assalirono dubbi e mi ritrovavo spesso a chiedermi: “Ma che cosa ho fatto, adesso non posso più mangiare, non posso più fare quello che mi piace, non torno più indietro da questa cosa, cosa sto facendo, tutto il giorno devo stare attenta a non mangiare un grammo in più perché non ci sta altrimenti mi viene da vomitare ? Ma io come faccio a vivere con i miei amici, come faccio ad andare fuori ai miei pranzi, alle mie cene, ma cosa ho fatto, ma perché poi?! Cos’avevo che non andava?”.
Anche dopo il secondo intervento, quando mi dissero che per almeno 6 mesi non avrei potuto bere(impossibile per una veneta come me!!) e anche dopo con molta moderazione. Anche lì, fui assalita dall’ansia, mi ripetevo: “… ma no, ma perché, ma cosa mi è venuto in mente …”. I primi momenti del post-operatorio, soprattutto per i primi interventi, sono stati in questo senso tanto, tanto difficili e non è così facile rendersene conto prima dell’intervento. Un conto è pensare al cambiamento che ci aspetta, un altro viverlo. Ma devo tanto ringraziare una persona che ho conosciuto in un gruppo di facebook: Marta, che allora mi è stata di grandissimo aiuto. Senza di Lei non so davvero se avrei superato quel difficile periodo. Le devo davvero tanto.
Come riassumerei a un’amica com’è cambiata la mia vita? Prima sopravvivevo, adesso sto vivendo. Fine, non c’è altro da dire. Non potrei esprimerlo meglio.
Il supporto psicologico, torno a dirlo ancora una volta è di un’importanza fondamentale, in tutte le fasi del percorso: durante la preparazione all’intervento, lo psicologo ha il dovere di capire se la persona con obesità può essere o meno operata. Dopo l’intervento, il supporto psicologico è altrettanto fondamentale, per scoprire degli strumenti e affinare delle capacità interiori (che ognuno di noi ha dentro di sé) che aiutino a non ricadere nella dipendenza da cibo.
La chirurgia bariatrica e/o metabolica fa metà del lavoro ma l’altra metà la facciamo noi pazienti e la nostra determinazione al cambiamento ma dobbiamo avere degli strumenti per farlo e i colloqui con lo psicologo ce li forniscono.
In modo particolare nel bypass o perlomeno questa è la mia esperienza, quando cominci a vedere che puoi riprendere a mangiare e non assimili il cibo ma bruci tutto perché c’è una componente di malassorbimento che poi con gli anni viene a mancare, diventa pericoloso per il paziente, il rischio di riacquistare dei chili (weight regain) è dietro l’angolo. L’abbiamo sperimentato tutti durante il lockdown, io inclusa che ho acquistato 3 chili. Che cosa ho fatto, allora? Ho reagito, mi sono detta: “bene Elena fermati lì e cerca di non ripetere tutto ciò che hai fatto fin qui, ne hai già abbastanza… “ così ho ricominciato a camminare, a mangiare un po’ meno, a bere un bicchiere in meno, perché devo confessare che qualche sgarro me l’ero presa, ho iniziato di nuovo a riattivare il mio metabolismo e di quei tre chili ne ho già perso uno. Quindi mi tengo controllata, mantenendo un cuscinetto di 1-3 chili oltre ai quali non devo mai andare. Avere qualcuno che ti segue, con cui parlarne è fondamentale, per non ricadere nella propria dipendenza una volta che è passato l’iniziale entusiasmo per il dimagrimento; in questo il team del centro (lo psicologo o il chirurgo o il nutrizionista) può essere davvero utile come riferimento per non riguadagnare peso ogni qualvolta che ci si senta in una situazione a rischio di ricaduta!
Al momento della mia dimissione, devo essere molto sincera ed è un appunto che ho anche fatto al team, avrei voluto una spiegazione un po’ più dettagliata da parte della nutrizionista, nel senso che mi è stata semplicemente consegnata una dieta da seguire senza molti dettagli; io venivo già da un altro intervento e sono riuscita a regolarmi in modo abbastanza autonomo ma penso che chi affronta l’intervento bariatrico per la prima volta può non riuscire a seguirla senza avere delle spiegazioni. Il rischio è quello di scoraggiarsi ancor prima di averci provato davvero, in un momento come quello dell’immediato post-operatorio che è il più delicato di tutto il percorso. Faccio un esempio per essere più chiara: se un professionista mi dà in mano una dieta e mi dice: “Questa è la dieta che devi seguire nel tempo” e non mi spiega quelle che sono le porzioni massime può mettermi in sera difficoltà. Io posso pensare – come avveniva nelle diete precedenti – di poter mangiare tutto quello che c’è scritto – può anche essere pericoloso perché soprattutto all’inizio hai uno stomachino così piccolino che non devi mangiare tutto quello che c’è scritto nella dieta. Forzandolo, rischi anche di fare qualcosa che non va bene e questo è un appunto che a suo tempo feci e credo che attualmente sia stato risolto in modo ottimale o per lo meno me lo auguro. Il mio consiglio è quindi di chiedere, chiedere, chiedere, senza timore, meglio se prima della dimissione ma anche dopo non avere remore nel chiamare il team. Impostare bene il post-operatorio sin dai primi giorni mette le radici per un successo duraturo di tutto il percorso. Il percorso è un impegno, una sfida per il paziente ma lo è anche per il chirurgo e per tutto il team che si mette in gioco con ciascuno di noi pazienti.
Se non sei bene informato, è facile cadere nell’errore e soprattutto giustificare l’errore: “non mi è stato detto, c’è scritto così”, talvolta tra l’altro è più facile ascoltare un amico, una persona che scrive su facebook o con il passa parola che non chiedere a un medico o a un professionista. Faccio un esempio: nella dieta, c’è scritto che non si può mangiare il cibo piccante, mangio il peperoncino e poi mi domando: ma il peperoncino fa parte del cibo piccante? Me lo devo chiedere prima di mangiarlo, no? Mi informo prima e poi mi comporto di conseguenza… non va bene farlo dopo, è troppo comodo, è troppo semplice. E’ un po’ come quello che dice “ma che cosa devo fare, qual è il numero che devo chiamare … mi do da fare e me lo cerco, non posso sempre aspettarmi che siano gli altri a darmi il “là” per fare una cosa. Non funziona così.
Ho mantenuto un bel rapporto con i chirurghi e con un’infermiera che mi ha aiutato molto durante il risveglio, un momento per me particolarmente critico. Quando mi sono risvegliata al Centro di Cisanello, Pisa, il chirurgo mi disse che non sarei andata in terapia intensiva cosa a cui tenevo molto perché avevo paura – una volta in camera – di non avere un adeguato supporto medico-infermieristico quando avrei avuto le crisi di vomito che mi provoca sempre l’anestesia. Mi sentivo spaventata da questa cosa, mi metteva ansia. In realtà l’infermiera è stata davvero brava e in quel caso anche il chirurgo, mi sono stati entrambi molto vicini, mi sono sentita supportata e assistita in ogni momento e mi hanno trasmesso quella pace e quella sicurezza che non dimenticherò mai e per cui sarò sempre grata.
Altro rapporto di grande empatia con tutti i chirurghi che ho conosciuto del Centro di Cisanello Pisa: il dott. Anselmino, che all’epoca lavorava in quel centro, il dott. Bellini e il dott. Moretto: tutti e tre sono stati speciali con me. Il dott. Moretto perché mi ha accompagnato durante tutte le fasi del mio percorso bariatrico, il dott. Anselmino perché mi ha operato, insieme al dott. Bellini e dopo l’intervento è venuto a controllarmi più volte e a tenermi banco quando sono rientrata in camera e il dott. Bellini perché oltre a operarmi al momento della dimissione fu molto disponibile a chiarire le mie innumerevoli domande e questo mi è stato di grandissimo conforto; sono uscita dall’ospedale con la sicurezza che tutto sarebbe andato bene e con la certezza di poterlo sempre contattare per un confronto.
Se potessi tornare indietro, rifarei assolutamente l’intervento di bypass, molto molto prima. Sono decisamente soddisfatta dei risultati ottenuti. Oggi ho una taglia 42-44 ma non importa la taglia; io – oggi – sono quella che volevo essere. Ho il fisico che volevo avere. Sono davvero molto contenta.Mi sono impegnata, ho seguito con scrupolo tutte le raccomandazioni e faccio rigorosamente tutti i controlli, in una struttura veneta vicino a me. Addirittura anche se mi si era stata balenata la possibilità di finire i controlli, essendo passati cinque anni dall’intervento, ho chiesto di continuare ad andare a farli perché nella mia testa, sapere che una volta all’anno qualcuno mi controlla mi aiuta a mantenere il mio peso e a non lasciarmi andare e mi è stato detto di si, subito.
Dopo l’intervento ho avuto come tutti problemi di pelle in eccesso. Ho fatto l’addominoplastica e anche la mastopessi. Purtroppo cicatrizzo molto male e quindi ho parecchie cicatrici che sono brutte da vedere. Magari non mi posso permettere il due pezzi ma sicuramente oggi posso indossare un bel vestito scollato e questo mi fa stare bene con me stessa e in mezzo agli altri.
Prima di dimagrire, il pensiero costante era “Sono brutta perché sono grassa, e se sono grassa non piaccio e non ho la forza di essere al pari degli altri”. Ora che mi sento bene nel mio corpo, per me è vita e riesco a relazionarmi molto meglio anche con gli altri.
Come sempre, tanta soddisfazione. La differenza è che oggi lo gusto; riesco ad assaggiare un po’ di tutto senza delle grosse quantità quindi posso continuare ad andare a cena con gli amici o a fare i miei tanto amati aperitivi mangiando il giusto; ho imparato ad avere un ottimo rapporto con il cibo, sapendo che cosa e quanto posso bere, che cosa e quanto posso mangiare. Oggi riesco a trarre il massimo del piacere perché lo mangio senza gli eccessi di un tempo e senza ritrovarmi i chili di troppo che mi facevano sentire diversa e inadeguata rispetto agli altri. Ho imparato ad assaporare il cibo, a sentirne il sapore, l’odore ed è una soddisfazione immensa, tanto tanto tanto grande.
Che cosa posso dire a chi vorrebbe affrontare questo percorso ma è assalito da mille dubbi? Innanzitutto di essere ben sicuri di farlo perché non ci sono altre vie d’uscita. Di non pensare di operarsi così tanto per farlo: “così poi dimagrisco e non ho più problemi!” No, attenzione, parliamo di un percorso che implica dei cambiamenti sostanziali nel comportamento alimentare e nello stile di vita in generale e occorre essere certi di riuscire a metterli in pratica con impegno per tutta la vita.
Non faccio l’intervento perché così poi penso di potermi abbuffare come voglio. Ci deve essere la consapevolezza che l’intervento NON è la bacchetta magica: fare l’intervento vuol dire avere in mano uno strumento efficace che mi può permettere di vivere meglio e più in salute ma lo devo utilizzare al massimo e in modo consapevole. Se lo faccio con l’intenzione di non cambiare le mie abitudini, non devo farlo, può procurarmi solo del male! Ecco ritorna l’importanza fondamentale di un supporto psicologico per prepararsi in modo consapevole alla propria rinascita. Buona vita!
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