Obesità. Quando e come utilizzare i farmaci per dimagrire

Sono state di recente pubblicate le nuove linee guida della Società di Endocrinologia americana che raccolgono: i consigli e i protocolli degli esperti USA sull’utilizzo dei nuovi farmaci anti obesità, gli Indici di Massa Corporea (IMC o BMI) oltre i quali sono consigliati, la segnalazione di quali siano i medicinali che possono fare ingrassare e con quali molecole analoghe potrebbero essere sostituiti (fermo restando che ogni situazione va valutata singolarmente dal proprio medico). E ancora che cosa fare in caso oltre all’obesità si soffra anche di diabete di tipo 2 (il rischio di averlo è maggiore in caso di eccesso di peso), oppure si vogliano assumere dei contraccettivi e molto altro ancora.
Per chiarirci le idee ne abbiamo parlato con il professor Vincenzo Pilone dell’Università degli Studi di Salerno.

 

Intervista al Prof. Vincenzo Pilone MD PhD**
che commenta le nuove Linee Guida della Società di Endocrinologia americana
che raccolgono i consigli e i protocolli degli esperti USA sull’utilizzo dei nuovi farmaci anti obesità.

 

1) Un problema, quello dell’obesità, particolarmente sentito negli USA. Com’è la situazione in Europa e in particolare in Italia?

In Europa, a partire dal 1980 le persone obese sono triplicate e la pandemia è in costante crescita. L’obesità rappresenta una delle sfide più difficili della sanità pubblica del 21esimo secolo, essa, è tra le prime 10 cause di malattia nel Mondo e tra le prime 5 nei paesi industrializzati come l’Italia, in cui rappresenta un problema sanitario di crescente e pressante gravità. La percentuale di soggetti in sovrappeso è di circa il 35% della popolazione, mentre la percentuale di soggetti obesi è circa il 10%. L’andamento è in preoccupante aumento se si considera che il numero degli obesi dal 1994 ad oggi è cresciuto del 25%.
La maglia nera spetta alle regioni del sud, dove si registrano i livelli più alti che in alcuni luoghi raggiungono il 50-60% della popolazione.
In Campania, calcolando una prevalenza di circa il 2.5% su una popolazione adulta di 3.5 milioni di abitanti, ne deriva che i pazienti candidabili alla terapia chirurgica sono circa 90.000. Si tratta, quindi, di una patologia di grandissima rilevanza, di enormi costi socio-sanitari e causa di frequente migrazione sanitaria passiva extraregionale. E’ obiettivo delle istituzioni sanitarie sia nazionali che regionali la realizzazione di “Centri di eccellenza” (Obesity Unit) e di sistemi di “rete” per la prevenzione, diagnosi e cura dell’obesità patologica, che a tutt’oggi è in via di studio da parte degli organi competenti, così come recentemente è stato istituito per le Breast Unit.

 

2) Quali sono i farmaci per dimagrire disponibili in Italia e a chi sono raccomandati? Come agiscono?

In seguito al ritiro dal mercato della sibutramina (azione simile alle anfetamine), l’Orlistat (inibitore delle lipasi gastrointestinali, enzimi che rendono i grassi alimentari assorbibili dall’intestino) è il solo farmaco disponibile per la terapia a lungo termine dell’obesità in Italia.
La fentermina, il dietilpropione, la fendimetrazina e il mazindolo sono farmaci approvati dall’ F.D.A. (ente Americano deputato all’approvazione di nuovi farmaci) ma non dall’AIFA (Agenzia Italiana del farmaco) per il trattamento a breve termine dell’obesità e per tale motivo, non possono essere prescritti in Italia. E’ stato recentemente stimato che, 120 mg di Orlistat tre volte al giorno, blocca l’assorbimento di circa il 30 % di grassi introdotti con la dieta provocando diarrea grassa e maleodorante (steatorrea).
L’Orlistat può essere somministrato in pazienti che hanno un Indice di Massa Corporea (IMC o BMI) > 27 kg/m² con contemporanea presenza di altre malattie (diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari, etc) oppure in pazienti con BMI > 30 kg/m² e senza altre patologie associate.
Tutte le altre farmacoterapie sono assolutamente da evitare.

 

3) E’ vero che questi farmaci vanno comunque sempre utilizzati nell’ambito di un programma che comprenda anche dieta ed esercizio fisico per essere efficaci?

Dieta corretta ed esercizio fisico, sono elementi fondamentali in qualsiasi trattamento dietoterapico, dalla terapia farmacologica fino alla chirurgia bariatrica. E’ stato dimostrato, ed è ormai noto, che almeno tre ore di esercizio fisico divise lungo tutto l’arco della settimana, oltre ad indurre una perdita di peso costante, hanno degli effetti benefici da un punto di vista cardiovascolare e polmonare.
Inoltre, anche le comorbidità (diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari etc) beneficiano di questa triplice associazione che pertanto rimane un caposaldo di ogni terapia dietetica, vuoi medica che chirurgica.

 

4) Quando può essere presa in considerazione la chirurgia bariatrica?

La soluzione chirurgica è l’unico trattamento in grado di determinare un notevole calo ponderale e, soprattutto, di mantenere, la massima parte del calo ponderale ottenuto. Ciò comporta anche un miglioramento o addirittura la scomparsa delle comorbidità, una maggiore spettanza di vita e una migliore qualità della vita.
E’ ampiamente dimostrato che la terapia chirurgica dell’obesità (chirurgia bariatrica) è superiore al trattamento medico nel mantenimento del calo ponderale ottenuto e nella consequenziale scomparsa o riduzione dell’incidenza e della gravità delle comorbidità.
I candidati alla chirurgia bariatrica sono coloro i quali hanno un Indice di Massa Corporea (IMC) BMI > 40 kg/m² o che hanno un BMI > 35 kg/m² ma con la presenza di altre malattie associate (diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari, ecc). In tali pazienti, può essere presa in considerazione l’esecuzione di un intervento di chirurgia bariatrica qualora ci sia una storia di fallimenti molteplici nell’intraprendere o perseguire una dieta alimentare predefinita o quando nonostante le numerose diete, il paziente non riesce a mantenere stabilmente il peso raggiunto.

 

5) Ci sono terapie farmacologiche che fanno ingrassare? Ci può fare alcuni esempi?

Esistono alcuni farmaci che inducono un aumento ponderale come effetto collaterale. Gli antidepressivi, gli antiepilettici, i contraccettivi femminili, i corticosteroidi, gli antiretrovirali ed altri.
Per esempio, nella persona obesa diabetica il medico consiglierà di usare l’insulina più la metformina o i GLP-1 antagonisti piuttosto che la sola insulina o insulina più una sulfanilurea.
Per i soggetti obesi ipertesi sempre il medico potrebbe consigliare di usare gli ACE-inibitori, i sartani o i calcio-antagonisti piuttosto che i beta-bloccanti.
Nel caso in cui il medico debba scegliere farmaci antipsicotici e farmaci antiepilettici esistono farmaci che possono non inficiare il peso corporeo.
Nelle donne con BMI > 27 e con comorbidità o semplicemente nelle donne con BMI > 30, le linee guida suggeriscono l’utilizzo di contraccettivi orali piuttosto che quelli iniettabili perché questi ultimi inducono un calo aumento di peso maggiore.
Il medico si vedrà costretto ad evitare ovviamente i cortisonici e ad usare i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS come l’aspirina) o i DMARDS (Disease Modifiers Anti-Reumatic Drugs) per i pazienti obesi con patologie infiammatorie croniche.

 

6) Che cosa cambia nelle nuove linee guida per la donna sovrappeso/obesa in gravidanza?

Dall’analisi della popolazione italiana è emerso come le donne che iniziano una gravidanza dopo i 35 anni siano in maggior numero rispetto al passato e che in percentuale significativa sono sovrappeso oppure obese e ciò pone la salute della madre e del feto a rischio.
L’Institute of Medicine raccomanda un range restrittivo di aumento ponderale per ogni categoria, ricordando che il calo di peso in gravidanza non è mai consigliabile perché viene a mancare l’apporto nutrizionale necessario per lo sviluppo fetale. Quindi, l’aumento del peso in gravidanza è contemplato, ma deve essere proporzionato al BMI della donna. Per evitare un rischio maggiore di sviluppare complicanze gestazionali quali l’ipertensione, macrosomia, ipertensione gravidica, pre-eclampsia fino all’aborto, le linee guida consigliano un aumento ponderale che dovrà essere minimo per le donne obese (0,4-0,6 di BMI) e progressivamente maggiore per le donne normopeso (0,8-1 di BMI).

 

7) Ci sono altri consigli o informazioni che si sente di dare per concludere?

Il consiglio che rivolgo a tutti i pazienti obesi è innanzitutto di non trascurare la propria salute e di rivolgersi sempre a professionisti e non a sedicenti tali. Una terapia non appropriata può avere delle conseguenze devastanti ed è sicuramente più rischiosa di una terapia chirurgica.
Secondariamente, ricordo che l’aspettativa di vita per i soggetti obesi si riduce di circa 10 anni rispetto alla popolazione normopeso, per cui non appare giustificato attendere per la “paura” di essere operati. Infine, anche le istituzioni dovrebbero investire in campagne di sensibilizzazione verso la chirurgia bariatrica e in generale verso ogni forma di terapia contemplata per l’obesità.
Ad oggi su 1,3 milioni di italiani gravemente obesi, si effettuano solo 10.000 interventi l’anno e questo dato deve far riflettere sul reale bisogno di investire in questo tipo di chirurgia.

 

** Prof. Vincenzo Pilone MD PhD, Professore Associato di Chirurgia Generale, Università degli studi di Salerno, Dipartimento di Medicina e Chirurgia e Responsabile Unità Operativa di Chirurgia Bariatrica e Metabolica A.O.U. “G. Fucito”, Mercato San Severino – Salerno

 

 

Fonte

Caroline M Apovian et al – Pharmacological Management of Obesity: An Endocrine Society Clinical Practice Guideline. J Clin Endocrinol Metab 100: 342–362, 2015

 

 

Vittoria Majocchi

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