“Qualità di vita” è un’espressione attualmente molto utilizzata, anche da persone che non si occupano di problematiche relative alla salute. Se proviamo a darne una definizione ci rendiamo conto che non è semplice, nonostante tale concetto appaia a tutta prima intuitivo. L’OMS, nel 1948, ha definito la qualità di vita correlata alla salute nel seguente modo: “percezione soggettiva che un individuo ha della propria posizione nella vita, nel contesto del sistema culturale e di valori esistente nel luogo in cui egli vive, in relazione agli obiettivi, alle aspettative, agli standard e agli interessi che gli sono propri”. Come si evince da questa definizione, si tratta di un concetto omnicomprensivo, correlato non solo alla salute fisica, ma anche alla condizione psicologica, al livello di autonomia, alle relazioni sociali, ai valori personali e al modo di relazionarsi con le caratteristiche dell’ambiente. Emerge inoltre come questo costrutto sia basato su criteri di valutazione soggettiva del livello di soddisfazione nei diversi ambiti della propria vita.
Il modo in cui valutiamo la qualità della nostra vita varia nel tempo e in reazione agli eventi; ad esempio una malattia cronica cambia completamente i parametri di valutazione della qualità di vita di una persona. Riuscire a essere autonomi nelle piccole attività quotidiane diventa una vera e propria conquista, mentre normalmente lo si considera scontato e dovuto.
La compromissione della qualità di vita è sicuramente una delle più importanti conseguenze negative dell’obesità. Le persone obese valutano la qualità di vita anche dalla possibilità di compiere piccoli gesti quotidiani cui le persone normopeso non fanno caso, come ad esempio riuscire a mettersi calze e scarpe, o prendere in braccio il proprio figlio. E’ una qualità di vita scadente, nelle diverse aree di funzionamento – fisico, psicologico e sociale – prima ancora della preoccupazione per la propria salute, o dell’estetica, a far scattare la molla che spinge a cercare un rimedio efficace e definitivo del problema.
Migliorare la qualità della vita è divenuto un obiettivo sempre più importante nella ricerca clinica e nella promozione della salute ed è un elemento fondamentale di giudizio sull’efficacia delle cure da parte dei pazienti. Tuttavia il miglioramento della qualità di vita non è automatico dopo l’intervento chirurgico, la repentina diminuzione del peso non è di per se sufficiente. Occorre modificare tutte quelle abitudini disadattive, consolidate durante la “carriera” di persone obese, che hanno contribuito a mantenere la patologia, oltre a ridefinire le aspettative del post-intervento riguardo la relazione con il proprio sé e con gli altri.
Quando l’equazione ”corpo magro= piacersi e piacere agli altri” non sembra concretizzarsi, delusione e demoralizzazione sono dietro l’angolo.
Fonte
Molinari, Castelnuovo. Clinica psicologica dell’obesità. Springer Ed, 2012
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