Con la consulenza del dr. Vincenzo Borrelli**, responsabile del Centro di Eccellenza di Chirurgia Bariatrica del Policlinico San Pietro, Ponte San Pietro (BG)
COVID-19: l’obesità, così come il diabete, non aumenta il rischio di contagio ma in caso di infezione, può aumentarne le complicanze, rendere il quadro clinico del paziente più complicato e il decorso più sfavorevole, con maggiori probabilità di dover ricorrere alla terapia intensiva. “Per questo, raccomandiamo la massima prudenza ai nostri pazienti anche nella fase 2 della pandemia da nuovo Coronavirus. È importante continuare a rispettare le norme di distanziamento fisico, l’uso di guanti e mascherine e di igiene delle mani.” sottolinea il dr. Borrelli.
Secondo gli studi disponibili, in caso di infezione, le persone con obesità – e in particolare con obesità patologica -rischiano più delle altre di manifestare una forma grave di Covid-19, con ricorso alla terapia intensiva.
A rilevarlo sono almeno tre diversi studi: uno francese, condotto dai ricercatori del CentreHospitalier Universitaire di Lille diretti da François Pattou e due americani condotti in diversi centri di New York, tutti pubblicati ad aprile 2020.
Lo studio francese, in pubblicazione sulla prestigiosa rivista Obesity ha analizzato i dati di 124 pazienti affetti da Covid-19 ricoverati presso l’ospedale di Lille mettendoli a confronto con 306 pazienti ricoverati in unità di terapia intensiva (ICU) con malattia respiratoria acuta grave non da COVID-19. Dal confronto, è emerso che i pazienti con un Indice di Massa Corporea (BMI)>35 kg/m2hanno avuto un rischio 7 volte maggiore di ricorrere a ventilazione meccanica rispetto a quelli con un BMI<25 kg/m2. Gli Autori raccomandano di “… adottare misure extra per evitare la contaminazione da Covid-19 in pazienti con obesità, in particolare in forma grave”.
Il secondo studio, pubblicato su Clinical Infectious Diseases, altra importante rivista scientifica è stato condotto su 3.615 pazienti positivi al virus, dei quali il 21% (775) con BMI di 30-34 kg/m2 e il 16% (595) con BMI≥35 kg/m2. Nei pazienti con meno di 60 anni, l’obesità ha rappresentato un fattore predittivo riguardo al ricorso alla terapia intensiva. Rispetto ai pazienti con BMI<30 kg/m2, quelli con BMI di 30-34 kg/m2 hanno avuto il doppio di probabilità di essere ricoverati in ospedale e in terapia intensiva. I pazienti con obesità più grave (BMI≥35 kg/m2) hanno avuto 2,2 e 3,6 volte più probabilità di essere ammessi a cure intensive rispetto ai pazienti con BMI inferiore. Un fattore importante anche considerando – come ricorda l’autrice Jennifer Lighter – che negli USA, il 40% degli adulti è in condizione di obesità con BMI>30.
Il terzo studio, apparso su MedRxiv, ancora preliminare, ha coinvolto al momento oltre 4.100 pazienti, ricoverati in ospedale nel 48,7% dei casi. A parte l’età maggiore di 65 anni e l’insufficienza cardiaca, l’obesità grave (BMI≥40 kg/m2) ha rappresentato il principale fattore predittivo di ricovero in ospedale.
Oltre ai problemi respiratori sempre presenti nella persona con obesità (ridotto volume polmonare, OSAS, etc) una possibile spiegazione – secondo gli Autori di questi studi – è correlata allo stato infiammatorio cronico presente nei pazienti con obesità o con sindrome metabolica, che favorirebbe la replicazione del virus nel tessuto polmonare della persona infettata. Ma la ricerca continua in questo senso e non abbiamo ancora certezze. Inoltre, in questi mesi è stato “scoperto” che l’infezione da Covid-19 rende più “denso” il sangue, caratteristica questa che essendo già presente in tutti gli obesi li espone ad un altissimo rischio di sviluppare fenomeni trombo-embolici (con complicanze purtroppo spesso mortali) se infettati dal virus.
Secondo gli studi disponibili, anche le persone con diabete non sono ad aumentato rischio di infezione da nuovo Coronavirus (SARS-CoV-2), ma i pazienti contagiati sono a maggior rischio di complicanze e di quadri clinici più gravi. Per questo anche ai pazienti con diabete si raccomanda la massima precauzione negli spostamenti e il rispetto del distanziamento sociale e delle norme di igiene, sia fuori che a casa.
Alcuni ricercatori dell’Università di Padova hanno effettuato una metanalisi, combinando i dati riportati in 12 studi cinesi (su un totale di 2108 pazienti) e alcuni dati preliminari italiani. I risultati di questo studio evidenziano che, tra quanti avevano contratto l’infezione, la percentuale di soggetti affetti da diabete non era superiore rispetto alla prevalenza del diabete nella popolazione generale. Pertanto, il diabete non sembra esporre ad un rischio aumentato di contrarre l’infezione da nuovo Coronavirus.
Le persone con diabete hanno in genere un rischio maggiore di sviluppare complicazioni nel corso di qualunque malattia acuta, infezioni comprese.
I risultati di questa analisi degli studiosi padovani conferma questa regola generale. Tra le persone con infezione da COVID-19 con decorso sfavorevole, la prevalenza di persone con diabete è risultata maggiore. Quindi, in caso di infezione, le persone con diabete presentano, come atteso, un maggior rischio di complicanze.
Va comunque sottolineato che i pazienti con andamento peggiore erano mediamente molto anziani e affetti anche da altre patologie. Pertanto, al momento, non è possibile stabilire quale sia il reale contributo del diabete nel determinare la prognosi dell’infezione da nuovo Coronavirus e quali possano essere i meccanismi coinvolti. Ci servono però per consigliare la massima prudenza ai nostri pazienti: stare a casa per quanto possibile, mantenere la distanza di almeno un metro dalle altre persone, stare lontani da persone con sintomi respiratori (tosse, starnuti) – e lavare (o disinfettare) frequentemente le mani.
La nuova application Immuni consentirà di tracciare in maniera sempre più completa (e anonima) le persone potenzialmente esposte alla COVID-19 e attraverso le misure di sorveglianza sanitaria, interrompere la catena dei contagi. Rappresenta, quindi, uno strumento in più di autodifesa per tutti, a maggior ragione per i pazienti con obesità e/o con diabete. È sicuramente nel loro interesse e di tutti noi fare tutto ciò che ci è possibile per proteggerci dall’infezione e uscire il prima possibile da questa pandemia.
References
– Simonnet, Arthur; Chetboun, Mikael; et al – High prevalence of obesity in severe acute respiratory syndrome coronavirus-2 (SARS-CoV-2) requiring invasive mechanical ventilation. Obesity,2020 Jul;28(7):1195-1199. doi: 10.1002/oby.22831. Epub 2020 Jun 10
– Jennifer Lighter, MD,1,2 Michael Phillips, MD, et al – Obesity in patients younger than 60 years is a risk factor for Covid-19 hospital admission. Clin Infect Dis 2020 Apr 9
– Christopher M. Petrilli, et al – Factors associated with hospitalization and critical illness among 4,103 patients with COVID-19 disease in New York City. Medrxiv, April 11, 2020
– Fadini, M. L. Morieri, E. Longato, A. Avogaro – Prevalence and impact of diabetes among people infected with SARS‑CoV‑2. Journal of Endocrinological Investigation, 28th March 2020
** Il Dott. Vincenzo Borrelli è Responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia dell’Obesità del Policlinico San Pietro a Ponte San Pietro (BG).
Si laurea nel 1995 all’Università degli Studi di Napoli Federico II, dove si specializza in Chirurgia Generale nel 2003. Sempre presso l’Ateneo napoletano, nel 2007 è Dottore di Ricerca in Scienze Chirurgiche e Tecnologie Diagnostico Terapeutiche Avanzate.
Dapprima Dirigente Medico di I Livello per le Aziende Sanitarie Locali di Napoli, Potenza e Frosinone, nel 2016 diviene Responsabile delle Unità Operative di Chirurgia Generale e dell’Obesità dell’Istituto di Cura Città di Pavia.
È Autore e Coautore di videomateriale didattico e di oltre cento pubblicazioni. Nel corso della sua carriera partecipa a un gran numero di congressi nazionali e internazionali e fa parte di diverse importanti Società Scientifiche tra cui la Società Italiana di Chirurgia (SIC) e la Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità e delle Malattie Metaboliche (SICOB).
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