Obesità e rischi

Lo stress in gravidanza predispone il neonato all’accumulo di grassi

Un nuovo studio tedesco ha evidenziato che l’aumento durante l’attesa dei livelli di cortisolo – l’ormone dello stress – può predisporre il neonato a un notevole accumulo di grasso corporeo nei primi sei mesi di vita. Il periodo più critico? Il terzo trimestre di gestazione, quando è particolarmente attiva la produzione di adipociti, cioè le cellule del tessuto adiposo.

Un crescente numero di evidenze suggerisce che l’obesità abbia origine – almeno in parte – già nel grembo materno, nel periodo intrauterino della vita; in particolare, è stato dimostrato che la formazione degli adipociti, le cellule del tessuto adiposo, negli esseri umani avviene soprattutto durante il terzo trimestre di gravidanza e nei primi mesi di vita neonatale; al contrario, in età adulta, la capacità di formare nuovi adipociti risulta limitata.

Lo studio

Sonja Entringer e colleghi hanno osservato, in 67 coppie madre-neonato, il rapporto esistente tra la produzione di cortisolo materno nel 1°, nel 2° e nel 3° trimestre di gestazione e le variazioni nella composizione corporea dei neonati (percentuale di massa grassa) nel corso dei primi sei mesi di vita.

Come gli Autori si aspettavano, è stato confermato che le concentrazioni di cortisolo materno erano aumentate durante la gravidanza. A tale variazione, corrispondeva un aumento del grasso corporeo neonatale del 14,5% circa dopo il primo mese di vita, per arrivare al 32,4% a circa sei mesi.

Il cortisolo materno non era significativamente correlato alla percentuale di grasso corporeo dei neonati alla nascita, ma un più elevato valore dei livelli dell’ormone nel terzo trimestre di gravidanza si associava in modo statisticamente significativo con una maggiore percentuale di grasso corporeo nel figlio a sei mesi di vita. Gli Autori hanno anche osservato che non vi erano differenze sostanziali tra neonati maschi e femmine e neppure correlazioni tra i livelli del colesterolo materno e il rapporto tra il peso e la lunghezza del neonato o variazioni di tale rapporto da 0 a 6 mesi di vita.

I punti chiave dello studio

Dai commenti degli Autori emergono alcuni risultati particolarmente interessanti. “Per prima cosa vi è un effetto del cortisolo materno sulla adiposità neonatale solo durante il terzo trimestre”, ha affermato Sonja Entringer, primo autore del lavoro. “E’ noto che la capacità di risposta dei preadipociti (precursori delle cellule adipose) agli ormoni glucocorticoidi, come il cortisolo aumenta man mano che aumenta l’età del feto. Ciò suggerisce che l’ultima fase della gravidanza – che è anche il periodo in cui l’adipogenesi del feto è al suo apice – può essere un periodo particolarmente delicato per la programmazione delle cellule adipose, considerata l’esposizione al cortisolo materno. Questa scoperta assume un potenziale rilievo clinico anche in considerazione dell’accumularsi di evidenze scientifiche che suggeriscono come la velocità di crescita neonatale, e in particolare l’aumento della massa grassa durante la prima infanzia, sia tra i fattori predittivi più affidabili del rischio di obesità infantile” di cui, come sappiamo l’Italia detiene il primato tra i Paesi Europei.

Gli Autori concludono lo studio augurandosi di aver contribuito a suscitare un maggiore interesse sull’importanza dei processi di sviluppo durante la vita intrauterina da considerarsi quali fattori chiave predittivi del rischio di malattie come l’obesità, con particolare enfasi per i processi biologici che durante la gravidanza sono determinati da situazioni di stress prolungato. Sono comunque necessari ulteriori studi di più ampia campionatura in proposito, in modo da poter approfondire se l’aumento dei livelli del cortisolo materno in gravidanza , in particolare durante i periodi sensibili come il terzo trimestre, possano indurre cambiamenti fisiologici a lungo termine o addirittura permanenti o associati con un aumentato rischio di obesità in età avanzata. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che il tessuto adiposo – ed è scoperta degli ultimi decenni – è un tessuto attivo; le sue cellule intervengono direttamente nella sintesi dei grassi e nella loro liberazione in risposta a specifici stimoli ormonali e nervosi. Esso, quindi, svolge un ruolo fondamentale nell’assicurare un apporto costante di materiale energetico all’organismo.

Fonte

 

Vittoria Majocchi

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