Intervista di Stefania Comai* a Barbara Quadernucci**, psicologa e presidentessa di Life Skills Italia***
Chi soffre di obesità e diabete sa quanto può essere impegnativo prendersi cura di sé. L’OMS negli anni Novanta ha individuato dieci competenze chiave, le life skills, che possono aiutarci a far fronte in maniera più efficace alle difficoltà e alle circostanze stressanti che la vita può presentarci. La dott.ssa Barbara Quadernucci, psicologa e presidentessa di LIFE SKILLS® Italia, ci aiuterà a comprendere perché ha ancora senso investire sul riconoscimento e sullo sviluppo di queste competenze personali e quale ruolo possono giocare le life skills per la promozione del benessere, anche di chi convive con una malattia cronica.
Dopo quasi trent’anni, per quale ragione ha ancora senso parlare di life skills? Quale può essere il vantaggio di ripartire dalle risorse personali per prendersi cura di sé?
Gli studi sulle life skills risalgono agli anni Novanta e all’ambito degli interventi di prevenzione dell’HIV. In questo contesto è apparso chiaro come non bastasse indicare alle persone gli atteggiamenti di salute più raccomandabili, ma fosse piuttosto necessario contribuire a sviluppare nella popolazione alcune competenze di base. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ne ha individuate dieci, che afferiscono a tre principali ambiti:
Quando circa venti anni fa iniziammo a lavorare con bambini e adolescenti, ci siamo resi conto di quanto fosse importante investire sul potenziamento di queste risorse e di come ogni scelta rappresenti di fatto una scelta di salute perché impatta sul nostro benessere personale e sociale. Nel 2011, abbiamo fondato l’associazione LIFE SKILLS® Italia con l’obiettivo di sviluppare maggiore autonomia e consapevolezza nelle persone: in fondo il desiderio di stare bene o imparare a stare meglio riguarda tutti ed è sempre di attualità.
Le life skills sono state oggetto di diversi programmi di promozione della salute nelle scuole. Possono rappresentare per esempio un fattore di protezione importante nella prevenzione dei disturbi del comportamento alimentare e dell’obesità. L’OMS sottolinea tuttavia come queste competenze trasversali possano essere allenate attraverso le proprie esperienze di vita anche in età adulta. Come?
I progetti di educazione alle life skills sono stati per lo più rivolti a bambini ed adolescenti con l’intento di investire sul riconoscimento ed esercizio precoce delle proprie potenzialità. Questo naturalmente non esclude che si possano allenare tutta la vita: il nostro cervello è flessibile e può continuamente apprendere attraverso l’esperienza. Saper riconoscere ed attingere alle proprie risorse nelle situazioni più critiche può infatti renderci meno passivi ed alleviare in parte il senso di impotenza. Spesso infatti si pensa che di fronte a una difficoltà ci siano due alternative: “posso farcela” o “non sono in grado”.
Invece ciascuno possiede alcune risorse utili accanto ad aspetti di maggiore fragilità: l’importante è ricordarsi di aprire il proprio bagaglio di strumenti.
Questi possono essere allenati, per esempio esercitando maggiore consapevolezza su cosa stiamo facendo e come lo stiamo facendo. Oppure, facendo attenzione ai rimandi (i feedback) che gli altri intorno a noi ci trasmettono. Ad esempio, quando gli operatori sanitari riconoscono e fanno leva sulle risorse del paziente sono più efficaci di quando si limitano a fornire prescrizioni, tanto più se sono in grado di individuare cosa può motivare la persona che hanno di fronte. In questo modo facilitano anche il loro coinvolgimento e la capacità di essere più autonomi nel processo di cura.
Chi soffre di obesità e diabete si trova a convivere ogni giorno con una condizione alla quale in qualche misura deve adattarsi, che sia cambiando la propria alimentazione, lo stile di vita, il livello di attività fisica, ecc. Quali capacità personali è importante sviluppare per facilitare questo adattamento?
Le life skills sono definite come competenze personali che consentono di mettere in atto comportamenti adattivi e positivi anche in circostanze sfidanti. “Adattamento” non significa passività o rinuncia, anzi richiede lo sforzo di “riconoscere la situazione in cui mi trovo e cercare le modalità per starci dentro il meglio possibile”.
Se intendiamo la salute come un equilibrio armonico tra benessere fisico, emotivo e sociale, le life skills possono in effetti aiutarci ad affrontare sia il trauma di un’eventuale diagnosi che la “maratona quotidiana” di convivere con la cronicità. Come? Vediamo alcuni esempi.
Attraverso l’empatia ci si può mettere nei panni di persone che vivono difficoltà analoghe per prendere esempio o provare un senso di condivisione. La consapevolezza si può esprimere a partire da un livello corporeo come capacità di sintonizzarsi con le proprie sensazioni. Chi soffre di diabete sa ad esempio quanto è importante riconoscere i segnali associati ad un alterato livello di glicemia. La consapevolezza corporea aiuta e sostiene quella emotiva: “so come mi sento? Cosa provo in questa situazione?”. Amici, familiari, operatori sanitari è importante tengano a mente che qualsiasi emozione nei propri cari va in primo luogo accettata, anche se spiacevole, e che ognuno ha diritto di sentirsi a disagio o preoccupato. Qui entra in gioco anche la capacità di comunicare in maniera efficace, di darsi cioè la possibilità di condividere ciò che si prova, con se stessi e con le persone che abbiamo intorno.
La consapevolezza può esprimersi anche a livello cognitivo, riguarda ciò che sono e come mi identifico: “sono la mia malattia o sono una persona in tutta la sua complessità che vive una particolare condizione di salute?”. A questo proposito il pensiero critico aiuta a mettere a fuoco la propria situazione e a riconoscerla per quella che è, senza negarla né pensare che non ci sia altro nella propria vita. Il pensiero creativo può essere indispensabile per superare le proprie limitazioni, cercando modalità alternative per fare ciò che magari altri possono fare liberamente. Infine non bisogna sottovalutare l’importanza di costruire relazioni efficaci perché contribuiscono a creare quell’equilibrio armonico che definisce il mio benessere e le sfide che ci ha posto il lockdown ne hanno sottolineato l’importanza per tutti.
Molte persone possono vivere le proprie emozioni con disagio e ricorrono al cibo per attenuarlo o cercare un sollievo immediato e fugace. La capacità di gestire le emozioni è una delle dieci life skills: quale credi possa essere una modalità funzionale di affrontare i propri vissuti emotivi, anche quando sono obiettivamente spiacevoli?
È evidente come sussista uno stretto legame tra emozioni e cibo. Lo sviluppo emotivo avviene in parallelo al fatto che ci nutriamo ogni giorno, più volte al giorno. Non solo, le emozioni sono nel corpo e lo trasformano. Può quindi crearsi un automatismo inconscio, dove il cibo diventa modalità per gestire, o meglio smorzare, uno stato emotivo.
Gestire le emozioni è però qualcosa di più complesso e faticoso. Consumare qualcosa che anestetizza fa passare più velocemente il disagio, ma se le emozioni sono messe da parte, non potranno che riproporsi in maniera amplificata, come se il nostro corpo insistesse nel mostrarci che c’è qualcosa che non va, su cui è importante porre la nostra attenzione. Gestire le emozioni ha a che fare con il fatto di accoglierle e dire a noi stessi cosa stiamo provando, anche quando non ci piace. Possiamo quindi esplorare l’emozione, cercando di capire quale messaggio trasmette. Solo attraverso questo processo possiamo pensare di trasformare infine il modo in cui stiamo, in altre parole stare meglio.
Vorrei soffermarmi su quello che noi chiamiamo “sequestro emotivo”, ovvero quando le emozioni arrivano di colpo e ci fanno perdere la testa. In questo stato, capita di reagire con comportamenti automatici, come ad esempio le abbuffate. Si può imparare a prevenire le situazioni di sequestro: per farlo è però importante sviluppare consapevolezza di sé, ascoltare le proprie emozioni e monitorare il livello di stress. Per gestire lo stress, è fondamentale creare e portare con sé un buon serbatoio di energia. Per questo è importante riconoscere e coltivare attivamente le esperienze che ci permettono di ricaricare o recuperare: rilassamento, sano nutrimento, relazioni, affetti, divertimento, bisogni di base.
Che lo si desideri (calo ponderale, intervento di chirurgia bariatrica) o che ci si debba adattare (diagnosi di malattia), il cambiamento rappresenta sempre una sfida complessa per la singola persona e per tutto il suo ambiente di vita (familiari, amici, colleghi, ecc.). L’OMS colloca tra le competenze fondamentali quella di saper costruire e mantenere relazioni efficaci: come riuscire a farlo di fronte a un cambiamento?
È bene tener presente che il cambiamento avviene sempre dentro un sistema di relazioni. L’OMS fa riferimento a tre livelli di competenza relazionale:
Coltivare le relazioni durante una fase di cambiamento richiede un buon livello di consapevolezza e pensiero critico, che consentono di tener presente quanto il nostro percorso possa avere un impatto sulle persone intorno. Le relazioni possono consolidarsi attraverso momenti di difficoltà o cambiamento e, d’altro canto, anche il peso di un “mio” problema è ridimensionato, se sento che può essere condiviso con gli altri.
I rapporti però possono condizionare anche il modo in cui affrontiamo i nostri obiettivi di salute. Non è infatti detto che un obiettivo, per quanto adeguato, venga accolto facilmente: le resistenze al cambiamento non sono solo nostre ma possono riguardare anche le persone che ci circondano. Quello che possiamo allora fare è comunicare ciò che sta avvenendo o la decisione che abbiamo preso, prendere atto delle reazioni altrui, tenendo conto di un aspetto fondamentale: non aspettiamoci che gli altri ci appoggino sempre. Quando incontriamo resistenze intorno è utile prestare attenzione a quanto le reazioni altrui possano condizionarci nel perseguire il nostro obiettivo: che peso hanno gli altri per me? Per raggiungere un obiettivo è infatti necessario mettere in conto fin da subito questa ed altre possibili criticità: questo ci consente di non leggere come un fallimento ogni insuccesso nel tragitto ma di viverlo piuttosto come un errore funzionale a proseguire con il piede giusto.
Chiunque si trovi ad affrontare una situazione di malattia o di sofferenza spesso perde di vista le risorse che nel suo piccolo ha a disposizione. Non è sempre data la possibilità di cambiare le cose, e questo può suscitare un forte senso di impotenza, frustrazione e passività. Riconoscere e coltivare le life skills può rappresentare un incoraggiamento a far leva sulle proprie capacità di adattamento per raggiungere il massimo livello di benessere che ci è dato, poste le condizioni a cui dobbiamo far fronte.
È importante tener presente che prendersi cura di sé non rappresenta un bisogno egoistico, al contrario può essere il presupposto per creare benessere nel proprio ambiente e nelle proprie relazioni. Riuscire ad adattarsi a condizioni obiettivamente sfidanti può in alcuni casi offrire, malgrado tutto, l’occasione per sviluppare risorse e possibilità forse altrimenti inesplorate e riscoprirsi più resilienti di quanto si sarebbe potuto immaginare.
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* Stefania Comai* è psicologa dello sviluppo e dell’educazione con un Master in Psicobiologia della nutrizione e del comportamento alimentare (Università di Tor Vergata, Campus Bio-Medico di Roma). Ha conseguito una seconda laura specialistica in Filosofia morale e bioetica presso l’Università degli Studi di Bologna. Si è formata nell’ambito dell’intervento psicologico in diabetologia e in chirurgia bariatrica. Ha intrapreso la specializzazione in psicoterapia ad indirizzo Familiare Relazionale presso l’Istituto di Terapia Familiare di Bologna. Segue inoltre il percorso di promotore delle life skills presso l’Associazione Life Skills Italia. Esercita la libera professione a Bologna.
Per maggiori informazioni: https://www.stefaniacomai.com/
** Barbara Quadernucci è psicologa e allenatrice emotiva; istruttrice di Mindfullness psicosomatica, protocollo PMP; Master in Programmazione Neuro Linguistica (PNL); international NLP new code coach certificata; trainer certificata SIXSECONDS per lo sviluppo dell’Intelligenza Emotiva; Coach certificato SEI Assessment Certification. Presidente, referente didattica e trainer per l’Associazione LIFE SKILLS® Italia.
Per maggiori informazioni: www.lifeskills.it – barbara@lifeskills.it
***LIFE SKILLS® Italia è un’Associazione di genitori, insegnanti, psicologi, pedagogisti, allenatori sportivi e professionisti uniti dalla passione e dall’impegno nel promuovere le life skills mossi da grande amore, rispetto e soprattutto fiducia nell’essere umano e in tutti gli esseri viventi. La mission dell’Associazione è: “Attivare le potenzialità della persona e costruire le competenze necessarie ad affrontare la vita con consapevolezza e autonomia”.
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