Immaginiamo un pittore: sulla sua tavolozza egli ha a disposizione i cosiddetti colori primari (giallo, rosso, blu), dai quali può ottenere i colori secondari (arancio, viola, verde). Mescolando ancora questi colori egli può ottenere infinite sfumature, inoltre ha a disposizione la somma di tutti i colori (bianco) e l’assenza di colori (nero), che danno la possibilità di ottenere diversi toni di grigio.
Con le emozioni dipingiamo la nostra vita, così come il pittore dipinge la sua tela. Esistono così le emozioni “primarie” (o universali), comuni a tutti gli esseri umani e riconosciute dalla maggior parte degli studiosi, e le emozioni secondarie (o sociali), che derivano dalla combinazione di diverse emozioni primarie.
Molti psicologi hanno provato a definire le emozioni primarie, eccone alcune :
- Felicità (o gioia): condizione di benessere di rilevante intensità, assenza di sofferenza, piacere connesso alla realizzazione di un desiderio.
- Tristezza: sensazione di sconforto, malinconia, perdita, fallimento. La tristezza non è di per sé patologica, ma se assume caratteristiche di persistenza, se pervade tutto il nostro essere senza lasciare spazio alla speranza, può assumere il significato di un sintomo depressivo.
- Rabbia: stato d’ira che deriva dalla sensazione di avere subito un torto ingiustamente.
Paura: è la nostra sensazione di inadeguatezza, di impotenza di fronte ad una minaccia o a un pericolo. E’ la madre di tutte le emozioni ed ha un elevato significato adattivo. L’esempio più spesso citato è quello della gazzella, che ha la possibilità di sopravvivere grazie alla percezione di grave pericolo quando avverte la presenza del leone nei paraggi.
L’ansia, sua parente stretta, è un’esperienza comune nell’essere umano. Si distingue dalla paura in quanto ciò che si teme è vago, lontano nel tempo e nello spazio. Per questo viene anche definita “paura senza oggetto”. Avremo quindi paura se vediamo una vipera, mentre definiremo ansia lo stato di apprensione che proviamo se un nostro familiare ritarda nel rincasare. - Disgusto: reazione emotiva suscitata da uno stimolo sgradevole, spesso associata a sensazioni viscerali come la nausea.
- Sorpresa: nasce dalla realizzazione di un evento inatteso e si mostra in rapporto con la nostra capacità di avere un’immagine del futuro e un quadro di aspettative. Può associarsi a gioia o tristezza a seconda del tipo di evento.
Ci possiamo rendere facilmente conto di quanto siano riduttive queste definizioni rispetto alla complessità dell’argomento, in considerazione anche delle differenze individuali nella capacità di percepirle. Proviamo a pensare alla felicità: se la definiamo come “assenza di sofferenza” è un po’ come definire la salute “assenza di malattia”. Ma la presenza della felicità non corrisponde semplicemente all’assenza di sofferenza, così come la presenza di benessere può non coincidere semplicemente con l’assenza di malattia, come evidenziato dalla stessa OMS nella sua più recente definizione di salute. Per esempio l’assenza di sofferenza potrebbe avvicinarsi alla sensazione di noia, come descriveva il sommo poeta Giacomo Leopardi nello Zibaldone. Tutti rincorriamo la felicità con la sensazione che sia sempre davanti a noi, più o meno distante; probabilmente lo sbaglio che facciamo è proprio quello di rincorrere qualcosa che si trova già dentro di noi, ma che non siamo in grado di percepire. Probabilmente l’abitudine a cercare l’assenza delle emozioni negative ci ha reso incapaci di percepire la presenza di quelle positive.
Anche le emozioni secondarie sono difficili da definire. Ritorniamo al nostro pittore e supponiamo che voglia rappresentare il colore arancione: questo colore può essere più o meno carico, a seconda della proporzione di giallo e di rosso utilizzata dall’artista. Allo stesso modo, l’essere umano può sperimentare uno stato emotivo malinconico o nostalgico ”mescolando” la gioia con la tristezza; lo stato d’animo sarà più cupo o più dolce a seconda del prevalere della prima o della seconda. E’ evidente come le emozioni secondarie siano influenzate dall’esperienza e dalle caratteristiche individuali, dal momento che stiamo vivendo, da fattori sociali e culturali. Nell’essere umano, gli stimoli che determinano il manifestarsi di un’emozione sono mediati da atti cognitivi, come pensieri o ricordi. Questo spiega perché un tramonto può suscitare tristezza: la nostra mente ci può riportare al ricordo di una persona cara che abbiamo perduto e con la quale non possiamo condividere la bellezza dello spettacolo che la natura ci offre.
Fonti dello Speciale
Arnold M (1960). Emotions and personality. Columbia University Press, New York
Moderato P (2010) Interazioni Umane F Angeli
Damasio A (2003). Emozione e coscienza. Adelphi, Milano
Damasio A (2003) Alla ricerca di Spinoza. Emozioni, sentimenti, e cervello. Adelphi Milano