Mi chiamo Rhea, ho 57 anni, sono nata obesa, nel senso che ero una bella bambinona di più di quattro chili. Erano gli anni ’60, quando un bambino grasso era un bambino bello, pieno di salute, quindi i miei non si sono mai preoccupati. Questo ha portato la piccola Rhea a diventare la Rhea gigante; ricordo che la mia prima dieta l’ho fatta a dieci anni, e a una pesata della scuola elementare, scoprii di essere arrivata quasi a 84 chili… da allora ne ho fatta di strada… fino ad affrontare l’obesità a muso duro.
La cosa che mi dava dolore in quel periodo era non tanto il percepirmi grassa perché non ho mai avuto questa percezione di me ma mi avevano tolto la mia adorata minestrina alla sera … quella per me è stata la prima sofferenza che la mia vita da obesa mi avrebbe riservato: scoprii più tardi che era solo l’inizio. Il meglio doveva ancora venire.
Sono ed ero abituata a sentirmi dire che ero una bella donna. Avevo questo corpo, seppur molto abbondante, a clessidra, un seno pronunciato, un vitino stretto, dei fianchi larghi e quindi non me lo sono mai posto come problema. Io stavo bene, stavo bene di salute, finch’ero giovane il problema non c’era. Ho sempre avuto un carattere molto forte quindi ero colei che trascinava, non ero la ragazzina messa da parte, bullizzata o derisa per il suo peso anzi ero molto ricercata.
Come tutte le storie belle, finiscono e a un certo punto sono andata in menopausa e il mio corpo si è ribellato. Dalla sua forma a clessidra, è diventato una mela. Non mi riconoscevo più. Non mi piaceva quello che vedevo nello specchio. E per la prima volta in vita mia, ho cominciato a stare male. Non solo psicologicamente ma anche fisicamente: la menopausa, grazie ai miei 120 chili, mi ha portato a problemi seri di ipertensione. Quindi ho cominciato ad essere schiava di una pastiglia da assumere tutti i giorni, tutte le mattine.
In più avevo una grande paura: entrambi i genitori grandi obesi. La menopausa mi ha mandato in crisi, mi ha alzato la pressione, ha cominciato a darmi problemi alle ginocchia, ai piedi, alle anche, e lì ho avuto paura, ho avuto veramente paura perché non volevo assolutamente finire su una sedia a rotelle. Sono una persona attiva, ho sempre fatto tantissime cose, ho tantissimi interessi e non volevo uscire dalla prigione di un corpo per entrare nella prigione di una sedia a rotelle. Non volevo si prospettasse una cosa simile.
Però fondamentalmente di me si dice che sono una donna forte, che ho coraggio: si, per carità, ho affrontato da sola tante cose, nella mia vita – come penso del resto tutti – però questa era una cosa che mi spaventava. Quindi c’ho ragionato un anno.
Per un anno ho cercato informazioni, sono andata sul forum di Amici Obesi, un’associazione di pazienti con obesità che mi ha aiutato molto, ho cominciato a leggere, a informarmi. Per la prima volta ho letto con raccapriccio storie di gente che veniva derisa, emarginata per la forma del proprio corpo, e questo per me era una cosa inconcepibile, mai vissuta sulla mia pelle.
“A un certo punto, mi sono resa conto che il tempo stava scorrendo velocemente, inesorabilmente, che io stavo invecchiando, e che tutto quello che i miei 120 chili mi avevano permesso in gioventù, era svanito, era finito il tempo ! Ho cominciato a sentire che la vita mi sfuggiva e che non era più tempo di girarci attorno al problema ma bisognava affrontarlo a muso duro”.
Ho cominciato anche a leggere storie di gente che ce l’aveva fatta, che diceva “ok sono stata a dieta per tutta una vita, non ha funzionato ma ho ancora una possibilità”. E io, il mio intervento di bypass gastrico, l’ho affrontato con questo spirito. Ero consapevole che questa era la mia ultima spiaggia. Erano quarantaquattro anni che provavo tutte le diete possibili e immaginabili, naturalmente nessuna ha funzionato o funzionava nel breve periodo per poi riprendere tutti i chili in più con gli interessi.
Finalmente mi si prospetta qualcosa di più della solita dieta; dove io non riuscivo – nonostante la mia volontà – ecco che dei medici potevano darmi una mano.
Mi dicevo: “Si, ho tanta volontà su tante cose ma in questa effettivamente non ho volontà, perché?” Ma perché non è una questione di volontà. Perché finalmente ho capito – e i medici sono stati di grandissimo aiuto in questo, che l’obesità è una malattia, e che non è solo una questione di tenere la bocca chiusa o di mangiare l’insalata; cavoli, io sono vegetariana da almeno vent’anni, quindi se effettivamente le verdure facessero dimagrire, io potrei essere tranquillamente una persona sottopeso. Se oggi sono una persona normopeso, lo devo proprio all’equipe che mi ha seguito per tutto il percorso – dal dr. Giovanelli, che mi ha operato personalmente perché avevo delle aderenze, a tutto il team che si è preso cura di me, sotto tutti gli aspetti, non ultimo quello psicologico (indispensabile !!); che mi ha seguito anche dopo l’intervento e continua a farlo; ricordo ancora la psicologa che mi diceva che avevo questo ego così forte tanto che è diventata la nostra battuta quando vado ai controlli (per inciso: seguo rigorosamente il follow up e non me lo perderei per nulla al mondo): “Come stai? L’ego? Smisurato!!” perché adesso di nuovo mi ripiaccio, non ho più la forma a mela; ho di nuovo il corpo che io vedo e che pensavo di avere, anche se ancora adesso io cerco gli spazi larghi – per esempio non passerei mai tra due auto parcheggiate vicine, le sedie di plastica mi mettono ancora ansia, ho sempre un’ingiustificata paura che cedano – quello che voglio dire è che anche quando ero obesa, non mi sono mai resa conto di essere così tanta, ero veramente tanta, però io mi vedevo, mi percepivo con un corpo “normale” e adesso mi succede la stessa cosa. Adesso sono un normopeso, peso sessant’otto chili, e continuo a immaginare me stessa con i volumi che avevo prima.
Esattamente come non è studiato per i mancini. E quando ho visto questa panca, questa sedia, la struttura del reparto mi sono resa conto che ero nelle mani e nel posto giusto, e che l’ultima possibilità che io mi davo sarebbe andata a buon fine.
Com’è stato l’intervento? Come tutti gli interventi, uno li affronta un po’ spaventata, con un po’ di ansia perché è una cosa nuova, non sai che cosa ti aspetta, come lo vivrai, cosa proverai, è stata per me letteralmente una passeggiata. Mi sono svegliata dopo un’ora da quando mi avevano riportato in camera, dopo un’ora non ne potevo più e ho chiesto di potermi alzare.
Devo ammettere che è stato un po’ difficoltoso ma non tanto per alzarmi dal letto ma il fatto di cominciare a camminare tra la piantana con la flebo e quello che chiamavo “Fuffy”, che era il drenaggio. Ma era tale la voglia di riprendermi, di combattere, di non voler sentire il dolore – che poi di fatto non c’è stato – io non ricordo una dòlia. Ricordo quei giorni con molto affetto e mi dò anche un po’ della stupida, perché avevo paura, immaginavo fosse chissà che cosa, m’immaginavo questo stomaco tagliato e poi nel mio caso, il bypass, quindi questo pezzo di intestino spostato, e invece sembrava come se tutto fosse sempre stato così.
Ricordo la paura che avevo di dover fare i raggi, perché temevo che – per qualche strano motivo – il mio stomaco avrebbe cominciato a perdere da qualche parte… invece, ovviamente, il dr. Giovanelli e la sua equipe la sanno di gran lunga di più di me sicuramente e tutto è andato per il meglio. Tutto teneva, e quindi ho avuto come premio la mia prima tazza di tè dopo l’intervento ed è stato il tè più buono che io abbia mai bevuto in vita mia.
Lo ammetto, non ho mai sgarrato, ho sempre seguito rigorosamente le indicazioni del team, ancora adesso a distanza di due anni, ricordo ancora le parole del dr. Giovanelli prima dell’intervento, durante la prima visita per conoscerci e decidere quale intervento era più indicato per me: “ Sa io ho una vita sociale, la sera esco , in birreria, mi bevo la birra ….” e lui mi ribatteva “no, signora, birra basta, non potrà più bere roba gassata, …” e ho scoperto che la vita sociale la puoi avere anche senza la birra, la puoi avere anche se non bevi superalcolici, perché di fatto non li reggo più, mi bastano due dita di vino per essere piacevolmente allegra. Quindi è anche un risparmio economico.
Ho seguito sempre le loro indicazioni su come mangiare, su qualsiasi cosa e ho avuto un percorso post-operatorio meraviglioso. Mi sono affidata e fidata di loro ciecamente ed è stata la scelta migliore che potessi fare. Oggi quando sento gli altri nel gruppo di auto-aiuto a cui partecipo che hanno paura, che hanno i mille dubbi che avevo io, mi rendo conto che è normale averli, però si è in buone mani. Fidarsi dell’equipe che si sceglie. Certo occorre scegliere bene, informarsi bene prima di scegliere. Perché ne hai sentito parlare, perché hai letto di loro su un giornale, perché fanno parte di un Centro di Eccellenza per la cura e il trattamento dell’obesità, fidarsi dei medici che in questo percorso rappresentano i tuoi amici fidati, i tuoi alleati.
Tanti raccontano storie di insulti, di prese in giro, bullismo da ragazzini, io posso ben capire la disperazione che si cela sotto questi chili di grasso, questa prigione, però se è vero che le ore che precedono l’alba sono quelle più buie è anche vero – Dante insegna – che noi dobbiamo scendere all’inferno per riuscire a uscire a rimirar le stelle.
Allora, accettiamo pure le nostre paure, accettiamo la disperazione, la tristezza, il nostro corpo che cambia; il mio corpo che mi ha tradito quando sono entrata in menopausa, e sarà allora veramente una rinascita. Sarà la banalità di poter camminare. Io prima ero una che prendeva l’auto e, potendo, l’avrebbe parcheggiata dentro il negozio e, adesso, è anche la libertà di dire, “mah, non c’è il parcheggio proprio davanti, ma sai che c’è, non importa, mi faccio due passi a piedi ….” Non ho più male alle ginocchia, non ho più male ai piedi, le mie anche non mi fanno più male quando esco dall’auto … quindi è una rinascita? Si, è una rinascita, soprattutto nel mio caso, perché sono stata operata proprio nel giorno del mio compleanno.”
Io alla fine me lo riconoscevo il mio corpo, c’ero nata, è sempre stato quello, … però sentivo tanti che dicevano: “ah, io vorrei arrivare al peso che avevo a vent’anni, al peso che avevo quando mi sono sposata…”, io vorrei che queste persone capissero che no, non è una questione di tenere la bocca chiusa, non è una questione …”ad Auschwitz erano tutti magri…”, non è una questione solo di calorie – certo anche le calorie pesano, non raccontiamoci favole – però non è solo quello, e quindi voglio mettere la mia faccia, dire che sono un’obesa, lo sono ancora, dall’obesità nella testa credo che non si guarisca mai del tutto, esattamente come il tabagista, puoi smettere di fumare, l’alcolista può smettere di bere, l’obeso può imparare ad amarsi, accettarsi e curarsi, imparare un’alimentazione di un certo tipo ma , in ogni caso, un tabagista rimarrà sempre un tabagista, anche dopo vent’anni che non fuma più, così come un alcolista rimarrà sempre un potenziale alcolista, anche se non beve e l’obeso potrà sempre potenzialmente ritornare obeso, anche se adesso è un normopeso.
Io oggi, a diciassette mesi dall’intervento mi sto preparando per la chirurgia plastica ricostruttiva. E la mia più grande paura è: “E se invece, fra qualche anno non funzionasse più e ricominciassi a ingrassare?” Però anche lì, quando dicevo di affidarsi all’equipe giusta, di scegliere con la testa, e di fidarsi e soprattutto di seguire in modo rigoroso tutte le visite di controllo … io credo che, se noi ci atteniamo a quello che ci raccomandano, a scegliere tra un cibo sano e uno che non lo è, a decidere di fare merenda con la brioche al bar, o gli spicchi di mela tenuti nella borsa perché sono più salutari; io penso che se riuscirò a fare questo, potrò essere ancora una donna obesa ma in un corpo di una donna normopeso, senza tutte le comorbidità e i rischi che accompagnano con l’età l’eccesso di peso.
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