L’International Journal of Obesity ha pubblicato uno studio condotto dal Brigham and Women’s Hospital, della Tufts University, vicino a Boston, in collaborazione con l’Università spagnola di Murcia, che ha dimostrato come consumare il pasto dopo le 15,00 influisca negativamente sul metabolismo umano, alterando il ciclo circadiano.
Dopo quell’orario, infatti, si rischia di assimilare di più il cibo e quindi rallentare la dieta; bisogna inoltre tenere conto che il pasto centrale della giornata costituisce il 40% del fabbisogno giornaliero.
Già tempo fa un esperimento su topi aveva dimostrato che mangiare di notte fa ingrassare perché si assimilano più facilmente le calorie.
L’autore dello studio, Frank Scheer, della Divisione di Medicina del Sonno dell’Università di Harvard, precisa: «Questo è il primo studio su larga scala che permette di dimostrare come l’orario dei pasti influenzi la perdita di peso, la dieta e non a caso i nostri risultati evidenziano come chi mangia tardi ha un tasso di dimagrimento più lento e significativamente inferiore rispetto a chi mangia prima. Ecco perché in un programma dimagrante l’intervallo fra i pasti potrebbe essere un fattore importante».
Il docente di Scienze Motorie dell’Università di Parma, Gianfranco Beltrami, conferma: «Frazionando le calorie su cinque pasti, i tre principali e due spuntini, si evitano i picchi ipoglicemici e si ingrassa meno, tanto che alle persone che mi dicono di non poter mai pranzare prima delle 15,00, consiglio sempre di fare uno spuntino sostanzioso alle 10,30 e di mangiare meno a pranzo, così da distribuire le calorie in modo più uniforme. Del resto, già precedenti studi avevano rilevato come, a parità di introito energetico, ci fossero sostanziali differenze nel dimagrimento, a seconda che si mangi nella prima o nella seconda parte della giornata, perché nel primo caso il metabolismo è più elevato e si brucia di più, mentre nel secondo è più rallentato e quindi si tende ad aumentare di peso; questa ricerca è dunque la conferma di quanto si sa già, sebbene forse meriterebbe un maggiore approfondimento, magari aumentando il gruppo di controllo».
Il dirigente di Ricerca dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli alimenti e la Nutrizione (Inran), Andrea Ghiselli, rileva però: «Nello studio si evidenzia come chi pranza tardi tende anche a cenare tardi e quindi a saltare la colazione, o a farla in maniera inadeguata e meno abbondante di quanto dovrebbe; ed è risaputo quanto questo incida sul dimagrimento o sulla sua mancanza. Non essendo però stati registrati cambiamenti ormonali né variazioni nel consumo calorico fra i due gruppi in oggetto, sempre che questo sia davvero possibile, l’orario del pranzo può essere allora la spia di qualche altra cosa, che va quindi ricercata. Ecco perché, se anche i risultati di questo studio possono avere una valenza minima per le persone comuni, per gli studiosi devono essere invece la base da cui partire per approfondire tutti i meccanismi legati alla perdita di peso».
I ricercatori statunitensi hanno osservato 420 soggetti, uomini e donne in ugual misura, tutti a dieta per 20 settimane, divisi in due gruppi: i mangiatori ‘precoci’, che mangiavano cioè prima delle 15,00, e quelli ‘tardivi’, dopo quell’orario; questi ultimi, al termine del periodo di osservazione, non solo segnavano una perdita di peso minore, ma i tempi del loro dimagrimento sono risultati notevolmente più lunghi rispetto ai ‘precoci’.
Nell’esame dei risultati è stato tenuto conto di fattori come l’influenza degli ormoni leptina e grelina o la durata del sonno, essenziali nella perdita di peso, senza però trovare differenze fra i due gruppi.
Fonte
M Garaulet et al – Timing of food intake predicts weight loss effectiveness. International Journal of Obesity, 29 January 2013