La crisi economica che sta attraversando il paese sta modificando in peggio le abitudini alimentari e lo stile di vita degli Italiani e quindi la loro salute; la crisi e i tagli peggiorano la salute degli italiani, sempre più grassi e depressi.
E’ infatti in calo la spesa per l’acquisto di alimenti sani come verdura e frutta e si risparmia rinunciando allo sport e all’attività fisica: questo è il dato allarmante contenuto nella nona edizione del Rapporto Osservasalute, presentato nei giorni scorsi a Roma.
Dal Rapporto emerge anche la conseguenza di questo cambiamento: l’aumento del peso, soprattutto nelle fasce più deboli della popolazione; quasi la metà degli Italiani oltre i 18 anni (il 45,9%, cresciuto dal 45,4% del 2005) è sovrappeso (il 35,6% ha un peso sopra la norma e il 10,3%, uno su dieci, è obeso), con una prevalenza al Sud, salvo Val d’Aosta, Friuli e Sardegna, dove il peso è in aumento.
Il peso in eccesso è più frequente nei maschi e cresce con l’aumentare dell’età, salvo oltre i 75 anni, quando comincia a diminuire; le percentuali fra i giovanissimi sono preoccupanti: il 23% dei ragazzi fra i sei e i 17 anni è sovrappeso è l’11% è obeso. Si mangia sempre meno a casa: dal 2005 il numero di porzioni consumate in casa è calato da 5,7 a 4,8 e l’assunzione di frutta e verdura spesso si limita ai pasti consumati nelle mense.
Walter Ricciardi, direttore dell’Istituto di Igiene dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e coordinatore del Rapporto Osservasalute, spiega: «Il dato più preoccupante è l’aumento dei fattori di rischio quali fumo, alcol, sedentarietà, che seguono a ruota la cattiva alimentazione, e da soli determinano il 75% delle malattie che fanno finire gli Italiani in ospedale. L’analisi delle Schede di Dimissione Ospedaliera (Sdo) 2001-2009 evidenzia come quasi 40mila ricoveri sono attribuiti ogni anno all’obesità e ai disturbi da iperalimentazione che in questi problemi trovano la diagnosi principale; in altri 110mila ricoveri l’obesità è indicata tra le diagnosi secondarie come condizione che coesiste al momento dell’ingresso in ospedale, e influenza il trattamento ricevuto e la durata della degenza».
L’abbandono degli stili di vita sani, insieme al calo della natalità, porterà a un inevitabile rallentamento dell’aumento dell’aspettativa di vita, in crescita negli ultimi decenni, e a un possibile calo della durata media della vita, anche se complessivamente gli Italiani sono ancora in buona salute, grazie alle passate, buone abitudini. Nel tentativo di limitare il consumo del cosiddetto cibo spazzatura (junk-food: alimenti ricchi di sale e zuccheri, bibite gassate e zuccherate), di qualità scadente ma di basso costo, in alcuni paesi è stata imposta una tassa, ma non tutti sono d’accordo, come precisa Ricciardi: «Fare cassa sul cibo scadente non funzionerebbe per due motivi: intanto, sono le fasce sociali più povere che acquistano il cibo spazzatura, inoltre, è necessario intervenire facendo leva sulla sfera educativa, perché ulteriori tasse avrebbero solo l’effetto di non incentivare i comportamenti virtuosi».
I tagli che sono stati praticati alla spesa sanitaria pubblica aggravano la situazione: “…In tempi di congiuntura come quelli che il paese vive, la mancanza di risorse e il ridimensionamento su farmaci e prestazioni sanitarie costringono il cittadino, e non solo quello italiano, a mettersi le mani in tasca. Il triennio 2007-2010 ha visto un calo del 3,5% della spesa pubblica e in incremento di quella privata pari al 10,7%; nei prossimi anni non andremo meglio: tra le risorse necessarie ai bisogni della salute dei cittadini e i quattrini che il Servizio Sanitario Nazionale dovrebbe avere a disposizione, ci sarà un buco di 17 miliardi di euro”.
Questa situazione induce molti Italiani, per risolvere quelli che valutano come piccoli disturbi, a ricorrere alla medicina veloce (fast medicine), all’automedicazione o alle indicazioni che trovano su internet, oppure si rivolgono alle cure private, soprattutto nelle regioni in cui è più alto il passivo della sanità pubblica, come Lazio, Campania, Sicilia, Calabria, Abruzzo, Molise, Puglia e anche Piemonte e Liguria. Nell’immediato futuro la situazione non è destinata a migliorare; osserva infatti Ricciardi: «Le ultime manovre economiche realizzate in Italia in risposta alla tempesta finanziaria, hanno portato al ridimensionamento dei livelli di finanziamento dell’assistenza sanitaria già dal 2012: all’introduzione di ulteriori ticket e a tagli drastici nei trasferimenti alle Regioni e alle municipalità dei fondi su disabilità, infanzia e altri aspetti che vanno poi a incidere sulla nostra salute».
Con i tagli non è però diminuita l’efficienza e l’appropriatezza delle cure ospedaliere, anzi, è migliorata: si registra infatti un calo sia dei ricoveri che della giornate di degenza; i ricoveri sono soprattutto per interventi chirurgici, sempre più frequentemente praticati con tecniche mininvasive, che permettono una minore durata delle degenza ospedaliera.
Pochi i giovani fra il personale sanitario, perché i trentenni sono superati in numero dagli ultrasessantenni, con un’età media degli addetti fra i 40 e i 59 anni.
Fonte:
Rapporto Osservasalute
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