Con la consulenza del dr. Pier Paolo Cutolo, chirurgo bariatrico del team INCO, Policlinico San Donato
Quando e perché in alcuni casi operati di chirurgia bariatrica o metabolica occorre re-intervenire chirurgicamente? Qual è la responsabilità del paziente? Ce lo spiega il dr. Pier Paolo Cutolo, chirurgo del team bariatrico di @INCO Istituto Nazionale per la Cura dell’Obesità, diretto dal Dr. Alessandro Giovanelli, che dall’ottobre 2018 ha sede all’IRCCS Policlinico San Donato.
Non esiste a tutt’oggi una vera e propria definizione avvallata dal mondo scientifico. Di seguito vi riporto quella delle le Linee Guida Sicob, la società di riferimento in Italia:
È in continua crescita. Secondo i dati della letteratura scientifica, il tasso globale di revisione di interventi di chirurgia bariatrica varia dal 5 al 56% secondo lo studio preso in considerazione.
C’è sempre la possibilità di un intervento di “salvataggio”, quindi un re-intervento; in questi casi, bisogna che il chirurgo, insieme al team multidisciplinare – che comprenda lo psicologo – inquadri l’ammalato, per cercare di capire perché il primo intervento sia fallito.
I motivi possono essere molteplici: perché il paziente non si è mosso a sufficienza, perché non ha cambiato le proprie abitudini alimentari, perché non ha seguito le indicazioni fornitegli dal team che lo segue; perché non ha imparato a masticare lentamente in modo adeguato, nel tempo ha fatto allargare la tasca della sleeve. I motivi possono essere davvero molti, ogni paziente è un mondo a sé anche da questo punto di vista.
L’intervento non può riuscire se l’ammalato non viene incontro all’intervento stesso. Noi chiediamo alla persona in grave eccesso di peso di rimettersi sui binari di una corretta vita e diamo tutte le indicazioni per farlo. Semplicemente, noi – tutti – abbiamo il DNA, il nostro patrimonio genetico – del nostro nonno, del nostro bisnonno che non aveva la macchina, andava a zappare la terra, tirava la carretta, mangiava i legumi, mangiava il pesce azzurro, l’olio d’oliva. Si parla di un’alimentazione mediterranea che è composta, appunto, da questi elementi fondamentali, che non vengono quasi mai consumati dai pazienti con obesità che vediamo tutti i giorni. Il paziente deve essere disposto a tornare ad un’alimentazione più sana, come quella dei nostri progenitori. Se non fa questo, l’intervento – nel tempo è destinato a fallire.
Si, eventuali complicanze rappresentano un’indicazione alla chirurgia revisionale. Tali complicanze possono essere “precoci” ovvero manifestarsi dopo 1-3 mesi dall’intervento oppure “tardive” quando compaiono dopo 3 mesi fino ad alcuni anni, in casi comunque rari. Le complicazioni chirurgiche (meccaniche) dipendono dal tipo di intervento eseguito e spesso sono indipendenti dall’efficacia della procedura.
Le complicanze non chirurgiche possono essere dovute a deficit nutrizionali o – come già accennato – a scarsa aderenza del paziente al suo percorso di riabilitazione post-chirurgica.
Sono rari, ma in alcuni casi può verificarsi una resistenza alla perdita di peso anche dopo intervento chirurgico, sia primo intervento che revisionale.
Le procedure di revisione hanno un maggior rischio di complicanze rispetto all’intervento primario per questo occorre sempre ribadire e consigliare ai pazienti di rivolgersi solo ed esclusivamente a Centri ad elevata specializzazione certificati dalla Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità, Sicob.
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