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Il reddito influenza le scelte alimentari

«Le politiche di prevenzione cardiovascolare devono focalizzarsi sui diversi stili di vita fra cittadini ricchi e poveri, tra nazioni ricche e povere… È fondamentale agire per far sì che i cibi sani siano maggiormente disponibili a tutti, su più larga scala», questo il messaggio che Salim Yusuf, cardiologo ed epidemiologo indiano residente in Canada, ha lanciato nel corso del congresso dell’Esc (Società Europea di Cardiologia) che si è appena concluso a Monaco di Baviera; Yusuf invita anche a personalizzare le strategie di prevenzione, sia individualmente sia a livello internazionale.
Nel corso del congresso è stato infatti, fra l’altro, messo in evidenza quanto alimenti sani come frutta e verdura, ‘amici’ del cuore, siano ormai accessibili solo ai paesi e alle fasce di popolazione con redditi più elevati, mentre quelli più poveri devono accontentarsi di alimentarsi con carboidrati.
Il problema delle conseguenze cardiovascolari dei differenti tipi di alimentazione è stato rilevato da Pure (Prospective Urban Rural Epidemiological), questo il nome dell’ampio studio coordinato da Yusuf, che è stato condotto dal 2003 al 2009 su quasi 154.000 adulti di età dai 35 ai 70 anni, i cui 17 paesi di residenza sono stati suddivisi in paesi ad alto reddito (Canada, Emirati Arabi, Svezia), a reddito medio-alto (Argentina, Brasile, Cile, Malesia, Polonia, Sud-Africa, Turchia), a reddito medio-basso (Cina, Colombia, Iran) e a reddito basso (Bangladesh, India, Pakistan, Zimbabwe).
I parametri in base ai quali sono stati valutati i partecipanti sono stati la loro alimentazione, il tipo di attività fisica svolta e l’eventuale abitudine al fumo.
Nei paesi più ricchi, con più alto Pil (Prodotti Interno Lordo), la maggiore disponibilità economica consente scelte alimentari più sane: oltre alla frutta e alla verdura, la carne e i grassi insaturi, quelli non dannosi, ma è scarsa l’attività fisica; le persone a reddito più alto smettono anche più frequentemente di fumare.
Al diminuire del reddito si riscontra invece un aumento del consumo di carboidrati e dei grassi ‘cattivi’, quelli saturi, che favoriscono l’insorgere di problemi cardiovascolari; cresce anche l’abitudine al fumo, ma tutto questo è in parte compensato dal maggiore dinamismo di queste popolazioni: lavori pesanti e più lunghi e faticosi spostamenti per raggiungere il posto di lavoro, che costringono le persone a un’attività fisica che nei paesi più ricchi non riesce a essere compensata dall’attività praticata con la corsa o nelle palestre o in piscina. È stato calcolato che la differenza fra l’attività fisica quotidiana che si svolge nei paesi poveri e quella dei paesi ricchi corrisponde a quasi tre ore (2,7) di camminata veloce. Le differenze fra le abitudini alimentari e gli stili di vita sono più nette nelle zone rurali dei vari paesi, mentre nelle aree urbane c’è una maggiore omogeneità.

Fonte:

Congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC), 25-29 agosto 2012, Monaco di Baviera, Germania

La redazione

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