Ciao, sono Simona, ho trentacinque anni, e da che ricordi sono sempre stata obesa, fin da bambina. Non penso di essere mai stata “in linea” con i canoni che si “devono” avere e ne ho sofferto soprattutto quando sono entrata alle scuole superiori nel momento in cui sono diventata la “vittima” di chi aveva dal canto suo – probabilmente – altri difetti da nascondere. Come avviene tutt’oggi quando si bullizza qualcuno, è in parte anche per nascondere i propri difetti, le proprie fragilità.
Non volevo più andare a scuola, non volevo più uscire di casa, non mi sentivo a mio agio e – diciamo che – facevo anche un po’ disperare a casa. È stato un po’ difficile da superare. Ho cambiato scuola, sperando che potesse cambiare e diciamo che è andata un po’ meglio perché, crescendo, dopo l’adolescenza – quella della stupidera – è passata e sono un po’ maturata; ho cominciato ad andare un po’ al di là del solo aspetto fisico, quindi quello l’ho trascurato.
Una volta accettato così com’era il mio corpo, diciamo che non mi sono più preoccupata di stare comunque attenta alla linea se non per la mia salute perché l’obesità – oltre certi limiti – diventa principalmente un problema di salute.
L’obesità è una malattia e si fa ancora molta fatica a capire che è una malattia paragonabile a qualsiasi altra patologia. Se ne parla ancora poco e non ci sono ancora tante risorse in atto per affrontarla perché una persona obesa è additata come una persona da giudicare mentre un malato di “un altro tipo” è più coccolato, più confortato … invece quando una persona convive con l’obesità si dice troppo spesso che “se l’è cercata”, che è per mancanza di forza di volontà! Non si tende a indagare sul fatto che sia qualcosa che comunque è dentro la sua testa…
Ancora oggi, dopo l’operazione di sleeve, dopo aver perso più di quaranta chili, quando mi guardo allo specchio non serve, in quanto la mia testa è ancora incanalata, vede ancora tutto il grasso che non c’è più quindi è una cosa che va al di là della semplice corazza che ci costruiamo intorno; è un rifugio ma anche un muro che bisogna abbattere e non è per niente facile, ed è qualcosa di cui c’è bisogno di parlare, perché non è ancora così forte la consapevolezza anche delle istituzioni che l’obesità sia una malattia che va trattata e presa in carico da professionisti competenti e specializzati.
È una cosa che mi ha sempre fatto un po’ strano, nel senso che ho sempre pensato che fosse una scorciatoia, cosa che – in realtà – mi sono poi accorta che non sia affatto. L’intervento NON è una bacchetta magica; se non convivi con il tuo nuovo stomaco, lui da solo non fa niente.
Ho pensato di avvicinarmi alla chirurgia dell’obesità quando ho avuto la seconda bambina, Sofia e…. vedevo le mie bambine e mi rendevo conto di quanti bei momenti perdessi… Era un vero peccato non riuscire a passare con loro il mio tempo come volevo. Non avevo, secondo me, un peso eccessivo – nel senso che ero comunque gravemente obesa, pesavo 123 chili – il peso massimo che avessi mai raggiunto – vedevo le mie bambine e volevo tra me e me: allungare la mia speranza di vita, riuscire a godermele il più possibile perché – a parte l’obesità – ero “sana”, non ho mai avuto patologie associate all’eccesso di peso; tutti gli esami a posto, pressione alta, diabete sono cose di cui fino a quel momento non avevo mai sentito parlare … sono sempre stata bene, però … in effetti, con l’andare del tempo, la stanchezza si faceva sentire; ero sempre affaticata, anche per fare cose semplici, e questo mi ha portato a pensare che avessi bisogno di essere aiutata sul serio perché da sola di diete ne ho cominciate tante ma non ne ho portato a termine neanche una e mi sono resa conto di avere bisogno di essere aiutata.
Dopo questa esperienza il nostro rapporto si è ancora di più consolidato.
Dopo l’intervento di sleeve gastrectomy, eseguito al Policlinico di Ponte San Pietro dal team del dr. Alessandro Giovanelli nel maggio 2018, sono stata supportata durante tutto il follow up. Ho seguito rigorosamente tutte le visite di controllo, dove si ha la possibilità di incontrare il chirurgo, la nutrizionista e la psicologa. Dei tre, diciamo che l’appuntamento che aspetto sempre con più trepidazione è quello con la psicologa; ci vado sempre molto volentieri, con lei riesco ad esprimermi al meglio, riesco a dire esattamente quello che mi passa per la testa, cose che probabilmente solo lei o altre persone che hanno vissuto la stessa esperienza sono in grado di capire, di interpretare in modo corretto. È sempre una fonte di ispirazione per il mio cambiamento e un momento prezioso di confronto nel senso che non sono lì per giudicare nessuno; gli obiettivi ognuno li raggiunge piano piano con i suoi ritmi, possono esserci periodi di stallo come può esserci un periodo tutto in discesa senza nessuno scivolone. Quello psicologico è secondo me un aspetto fondamentale che non va mai trascurato, imprescindibile per acquisire nuovi strumenti per riuscire a gestire i momenti di crisi che potranno ripresentarsi senza ricorrere al cibo in modo incontrollato.
L’umanità dell’intera equipe del dr. Giovanelli è uno dei valori fondamentali su cui tutti loro lavorano e su cui tutti loro fanno leva anche per motivare il paziente alla sua rinascita perché non è un percorso semplice e non è una cosa da poco che si conclude con il solo intervento chirurgico. C’è un percorso da fare prima e un percorso da fare dopo l’operazione e si ha veramente bisogno di tanto, tanto aiuto.
Ecco, la cosa che mi piace pensare è che se io ho bisogno di aiuto, so che loro ci sono, posso scrivere, posso telefonare, anche un semplice messaggio whatsapp, e loro rispondono. Uno si sente davvero supportato e questo credo che sia fondamentale perché si capisce che va al di là della pura professionalità, comunque molto elevata. È qualcosa a cui loro tengono molto e hanno interesse che ognuno dei loro pazienti si senta sostenuto e al meglio in questa nuova vita che ci hanno regalato e che sta a noi sfruttare al massimo e… dare il massimo.
Negli anni ci siamo lasciate “sedurre” troppo dal cibo; sono stata forse un po’ troppo permissiva, non le ho insegnato le buone abitudini e quindi oggi anche Ashly ha qualche problema di sovrappeso. Quando la guardo mi ci rivedo tanto e non vorrei ovviamente che Lei passasse le stesse cose che ho passato io da ragazza. L’adolescenza è già di per sé un’età difficile quindi vorrei che la trascorresse nella maniera più serena possibile, Covid, permettendo!
Desidero fermamente che lei possa vivere la sua adolescenza con tutti i problemi propri dell’età senza aggiungerne altri vari ed eventuali che potrà avere, in modo da poter essere da adulta una persona più sana. Vorrei che capisse che il cibo non è il modo migliore per sfogare i propri stati d’animo, che possono essere l’ansia, la rabbia, la delusione, la tristezza, ma che c’è modo e modo per affrontare tutto questo anche parlando con la mamma e che il cibo dev’essere un compagno di vita ma non deve diventare lo scopo della nostra vita.
Oggi siamo tutti coinvolti in casa, tutti a stecchetto, tutti a regime perché è giusto che ci si impegni tutti ad avere un atteggiamento corretto verso la vita che è una sola, non fa sconti e va vissuta bene, a pieno.
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