La rivista Diabetes Care ha pubblicato un’analisi revisionale condotta dall’Uppsala Universitet su oltre mille soggetti di età superiore ai 70 anni, di entrambi i sessi, che partecipavano a un più vasto studio, chiamato Pivus (Prospective Investigation of the Vasculature in Uppsala Seniors); dallo studio è emerso che la presenza, anche minima, nel sangue di ftalati si associa a un aumento fino al doppio, del rischio di sviluppare il diabete di tipo 2.
Il sangue dei soggetti è stato sottoposto ad analisi dei valori della glicemia a digiuno e dell’insulina, ed è stata anche effettuata la ricerca dell’eventuale presenza di tossine ambientali.
L’elaborazione dei dati ha confermato che le persone in sovrappeso avevano una maggiore frequenza di diabete e nel sangue elevati livelli di lipidi, ma soprattutto si è potuta registrare una più alta diffusione di diabete fra chi aveva livelli più alti di ftalati, considerati peso e stili di vita; il rischio di sviluppare il diabete è risultato doppio fra le persone che nel sangue avevano alte concentrazioni di quelle sostanze chimiche.
Monica Lind, professore associato di Medicina del Lavoro e Ambientale dell’università svedese, puntualizza: «Sebbene i nostri risultati debbano essere confermati da ulteriori studi, supportano l’ipotesi che alcune sostanze chimiche ambientali possono contribuire allo sviluppo del diabete. Per scoprire se veramente gli ftalati sono fattori di rischio per il diabete, sono comunque necessari ulteriori approfondimenti».
Gli ftalati sono sostanze molto diffuse, derivate dal petrolio; sono utilizzati come solventi e plastificanti nella produzione, fra l’altro, di cosmetici, smalti per unghie, giocattoli, prodotti per l’igiene personale e vernici.
Fonte:
RA Rudel, LJ Perovich, “Endocrine disrupting chemicals in indoor and outdoor air”, Diabetes Care, 2012
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