A cura della d.ssa Stefania Comai*, psicologa dello sviluppo e dell’educazione con un Master in Psicobiologia della nutrizione e del comportamento alimentare
Alimentazione sotto stress. Gli episodi di fame emotiva o le abbuffate, per quanto possano nascere da un istinto impellente e imprevedibile, poggiano sul livello di benessere generale della persona. Quando si affronta una situazione stressante, che sia particolarmente intensa o lieve ma duratura, si è più vulnerabili ed è più facile ricorrere al cibo come sfogo o sollievo. Essere consapevoli del proprio livello di stress e identificare i fattori che lo generano può aiutare a prevenire gli episodi di fame emotiva. Esplorare quali elementi nella propria vita forniscano energia e quali consentano di staccare e recuperare le forze è un esercizio utile per imparare a gestire lo stress e per (ri)scoprire che il cibo non ha, in fondo, il monopolio del piacere.
Attacchi di fame, episodi di fame emotiva e abbuffate si presentano spesso con un senso caratteristico di urgenza e inevitabilità, tanto che quella di mangiare può essere percepita come una spinta automatica e incontrollabile. Quanto è effettivamente così? Il vissuto di colpa, vergogna, pentimento che spesso segue questi momenti mantiene l’attenzione sul comportamento che identifichiamo come errore, sgarro, perdita di controllo. Ci sono però condizioni che precedono e accompagnano gli attacchi di fame sulle quali è possibile intervenire per ridurre la probabilità che questi episodi si verifichino. Gestire l’impulso a mangiare nel momento in cui si presenta richiede grande forza e motivazione. Per questo risulta utile un lavoro di prevenzione, in un duplice senso:
Lo stress rappresenta una reazione di natura adattiva ad una serie di stimoli esterni che possono richiedere risposte fisiologiche e psicologiche. Questa attivazione, che può essere percepibile nel corpo (battito accelerato, tensione muscolare, respiro affannato o senso di apnea, ecc.), è a carico del sistema nervoso simpatico ed è funzionale alla mobilitazione delle risorse o energie per far fonte a una situazione sulla quale riteniamo di dover intervenire. Più nello specifico, uno stimolo stressante attiva una catena ormonale che porta al rilascio di adrenalina e cortisolo, ormoni che predispongono l’organismo in una condizione di allerta. In questo senso, lo stress non è di per né negativo né del tutto eliminabile: stare in allerta quando si attraversa la strada può salvare la vita, come d’altra parte una certa misura di stress prima di un esame porta a convergere l’energia su un compito che a tutti gli effetti richiede attenzione.
Lo stress è legato alla percezione di qualcosa che turba il proprio personale equilibrio, per questo può essere un’esperienza molto soggettiva. Identificare quali fattori generino stress (stressor) e quali siano le modalità con cui tipicamente si affrontano è un primo aspetto interessante da considerare per conoscersi, prevenire situazioni a rischio e mettere a punto delle strategie di gestione dello stress efficaci.
Chi ha una dipendenza dal cibo e vi ricorre abitualmente per stemperare una sensazione di stress può trovare utile porre attenzione ad alcuni elementi:
Se è utile attivarsi in termini psico-fisici per far fronte a un evento stressante, d’altro canto è necessario poter ripristinare, in seguito, uno stato di equilibrio psico-fisico ottimale. Il sistema nervoso parasimpatico entra infatti in gioco con l’obiettivo di recuperare la stabilità necessaria ad alcune funzioni fondamentali dell’organismo (per es. digestione, riposo notturno), che in uno stato di attivazione verrebbero in parte compromesse.
Quando i fattori di stress sono molteplici o le risposte messe in atto non sono sufficienti, questa condizione di allerta può persistere e cronicizzarsi, con conseguenze potenzialmente dannose sia sul piano fisico (sistema cardiovascolare, muscolo-scheletrico, nervoso, endocrino, gastrointestinale) che psicologico (difficoltà di concentrazione, irritabilità, carenza di sonno, ansia), per citarne solo alcune. Una condizione di stress può quindi presentarsi anche in forma lieve ma protratta e logorante, aspetto che può renderne più difficile il riconoscimento e la gestione.
Molte persone che soffrono di abbuffate riportano come il cibo, più che rispondere a un desiderio di piacere, consente loro di raggiungere un senso di pienezza che stordisce come un anestetico. Altre sottolineano la preferenza per alimenti dalla consistenza dura o croccante perché morsicare o sgranocchiare rappresenta una potente modalità di scarica. Altri ancora riportano la tendenza a spiluccare in maniera sistematica nell’arco della giornata per ragioni anche potenzialmente diverse: mantenersi svegli o attivi, cercare stimoli nuovi, distendere i nervi.
Che si tratti di attacchi di fame, fame emotiva o abbuffate, è difficile pensare che questi comportamenti, per quanto nocivi, possano essere semplicemente sospesi o eliminati senza tener conto della funzione che svolgono all’interno di un sistema-persona che è sempre potenzialmente acceso, sollecitato, connesso, sovraccarico.
Mantenere un sano equilibrio a fronte delle circostanze stressanti richiede un bagaglio di energia da cui attingere forza, costanza ma anche motivazione, pazienza e fiducia. Questo bagaglio non si alimenta di solo cibo, malgrado per molti mangiare possa rappresentare la massima quando non unica fonte di piacere e gratificazione.
Ricaricare le batterie richiede di curare almeno tre condizioni di base:
Al di là di questi aspetti fondamentali, un esercizio utile che ciascuno può svolgere consiste nell’identificare quali esperienze possano contribuire a staccare, ricaricare le batterie, scaricare la tensione, rilassare corpo e mente. Questo può significare prendere coscienza di quali aspetti della vita quotidiana già esercitano in qualche misura questa funzione: coltivare buone relazioni, lasciare spazio ai propri hobby o interessi, farsi un bagno caldo, trascorrere del tempo all’aperto o nella natura, giocare con il proprio cane. Tanto più per chi conduce una vita particolarmente routinaria, scegliere di introdurre anche piccoli e graduali cambiamenti può contribuire a trovare nuovi stimoli e riattivare le proprie energie. Non è banale né futile coltivare esperienze di benessere e rilassamento, se si considera che queste rappresentano letteralmente la benzina per affrontare ogni singolo giorno.
Imparare a gestire lo stress non significa poter evitare esperienze sfidanti o spiacevoli. Una volta presa coscienza del proprio livello di stress (come mi sento? cosa sento nel corpo?) e di cosa tipicamente lo genera, si possono considerare almeno due possibilità:
La psicologia offre diverse modalità per affrontare lo stress in maniera funzionale. Ampliare il proprio repertorio sperimentandone di nuove permette di valutare quali possano risultare più efficaci per sé, individuando valide alternative a un uso disfunzionale del cibo. Alcuni esempi possono essere:
Ricorrere al cibo rappresenta per molti una risposta che temporaneamente placa, lasciando da un lato “scoperto” un bisogno che il cibo non sazia e, d’altro canto, attivando un circolo vizioso che del cibo può rendere dipendenti. Gestire lo stress è una competenza che può essere allenata iniziando a porre maggiore attenzione su questi aspetti:
Questo lavoro può essere in parte sperimentato in autonomia o condotto in maniera più sistematica all’interno di un percorso psicologico. In entrambi i casi, il lavoro sulla gestione dello stress rappresenta una strategia di protezione individuale: non interviene in modo diretto su un comportamento alimentare disfunzionale ma, con altrettanta efficacia, può agire sulle condizioni di vulnerabilità che contribuiscono ad alimentarlo.
References
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* La d.ssa Stefania Comai è psicologa dello sviluppo e dell’educazione con un Master in Psicobiologia della nutrizione e del comportamento alimentare (Università di Tor Vergata, Campus Bio-Medico di Roma). Ha conseguito una seconda laura specialistica in Filosofia morale e bioetica presso l’Università degli Studi di Bologna. Si è formata nell’ambito dell’intervento psicologico in diabetologia e in chirurgia bariatrica. Ha intrapreso la specializzazione in psicoterapia ad indirizzo Familiare Relazionale presso l’Istituto di Terapia Familiare di Bologna. Segue inoltre il percorso di promotore delle life skills presso l’Associazione Life Skills Italia. Esercita la libera professione a Bologna.
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