“Chiusa in ufficio, ho acceso il mio portatile e, tremando, ho digitato per la prima volta la parola “obesità”: ero proprio obesa. Ero malata, sarei morta prima, avrei sofferto sempre più per la mia condizione di interdetta alla vita. Malata due volte perché l’obesità è una malattia multifattoriale, che mi faceva mangiare sempre più, e intanto mi mangiava. La morte sarebbe arrivata a piccole dosi colpendo le arterie, il sangue, le articolazioni e spegnendo ogni energia vitale, ogni gestualità prima spontanea. Sarei invecchiata da seduta, semmai ci fossi arrivata, alla vecchiaia. Ho sentito, a quel punto, forte dentro di me il bisogno di essere libera. Poi sono dimagrita e ho scoperto che tutto quello che era dentro, e che doveva essersi sciolto insieme al grasso, invece si era solo nascosto meglio. Sono entrata nella stanza di quell’avvocato indelicato e gli ho portato via un cliente e la sua migliore praticante. Ogni tanto sogno Monica bambina. È bellissima, perché sorride”.
“La battaglia che non finisce, che non può finire. Odio l’obesità. È una malattia anti-estetica e antietica. La maggior parte della popolazione mondiale crepa di fame, e noi strabordiamo di grasso. Scoprire che non sono indolente e ingorda ma malata mi ha cambiato la vita. Mi ha aiutata a eliminare un po’ di sensi di colpa, ma la sostanza non è cambiata e difficilmente cambierà. Questa malattia è una guerra… che si combatte su due campi di battaglia estremamente vulnerabili: il corpo e la mente. Il corpo è martoriato, deformato, imbruttito… Progressivamente infragilito da un peso che non può sostenere. La psiche, e tutto ciò che da essa dipende – pensiero, emozioni, sentimenti – è alterata da un continuo susseguirsi di accuse, perdoni, sensi di colpa. La mia battaglia, la battaglia per conquistare me stessa, quella che vorrei essere, si chiama dieta… Combattuta ogni giorno fra tavola e palestra, in un fragile equilibrio di concessioni e privazioni. Ogni chilo perso è una vittoria, ogni goccia di sudore è una lacrima di frustrazione evitata. Vincerò? Lo spero. Ma non so se sarà mai una vittoria definitiva. Non so se sarà mai pace”.
“L’obesità ha sempre tolto molto alla mia vita. Poi la svolta: intervento di by-pass gastrico, nell’aprile 2010 e lì inizia la discesa. Con 40 chili in più non ce la facevo neanche a camminare, figuriamoci a correre. Un giorno mentre mi sto vestendo, mia figlia prende una gonna dall’armadio, dove riponevo i vestiti indossati fino a tre anni prima, e mi dice ‘ misuratela, ora ti andrà sicuramente’. ‘No, ma che dici…’”
“Il cibo è sempre stato un rifugio, perché ingozzarmi era l’unica cosa che decidevo autonomamente. Poi a 20 anni ho cercato di costruire la mia famiglia e nel frattempo però ero arrivata a 140 chili. Un po’ di anni più tardi ho iniziato un percorso con mia figlia in un centro antiobesità pediatrico. Lì ho capito che dovevo aiutare lei a non fare quello che avevo fatto a me, glielo dovevo. A gennaio 2006 ho incontrato Amici Obesi ed è diventato un punto di riferimento: ho incontrato un chirurgo bariatrico, mi sono sottoposta a diversi interventi anche di chirurgia plastica ricostruttiva. Le cicatrici che porto sono la testimonianza della battaglia vinta! La mia battaglia! Oggi peso 60 chili in meno. E grazie a questo percorso sono guarita perché ho ritrovato il rispetto e la fiducia in me stessa”.
“Uscivo di casa e mi fiondavo nel primo locale fast (and furious) food con servizio drive in. Nemmeno dovevo scendere dalla macchina, farmi vedere, sentirmi schedata e pesata. In quel momento il cibo doveva essere il mio amico, la mia salvezza; e che importava, se, tempo pochi minuti, avrei pianto come un coccodrillo, mi sarei maledetta, ancora una volta? E quando la magia del percorso terapeutico ha inizio, vai come un treno, viaggi veloce insieme a lei. E l’impossibile ti pare possibile. Non puoi fermarti, non devi farlo, non devi girarti, perché hai il terrore che si possa incrinare qualcosa. Vivi sopra le righe, ma finalmente vivi, e chi se ne frega. E la mia macchina non puzza più di fritto, non ha più carte di merendine e di caramelle in ogni anfratto. E, giuro, mi pare mi sorrida pure lei”.
“In questi mesi sono stata in vacanza, ho nuotato al mare e camminato in montagna e ho iniziato a correre! All’inizio ho semplicemente iniziato a camminare, era primavera, l’aria era tiepida e avevo voglia di passare un po’ di tempo con me stessa. Dopo qualche giorno, mentre camminavo lungo la strada che costeggiava la ferrovia, le mia gambe mi hanno suggerito di correre e il mio cervello ha pensato che fosse una buona idea! Non avrei mai pensato di farcela e in modo così naturale. Sono tre anni che ho invertito la rotta, non ho ripreso i chili persi fino a ora ed è molto più raro che ricorra al cibo nei momenti di crisi.”
“Sono in un centro commerciale, e devo comprare un paio di jeans: prendo una 42 e la guardo come se fosse impossibile riuscire a entrarci… vabbè, proviamoli… esco dal camerino e non credo a quello che vedo nello specchio! Ci entro e mi stanno bene! Adesso posso vestirmi come voglio, posso ballare, correre 10 km senza fermarmi, fare le scale senza arrancare, legarmi le scarpe senza difficoltà, arrivare a lavare tutti i punti del mio corpo senza usare prolunghe, non ho mai più avuto crisi d’asma. Ma non ci sono solo i risultati fisici: la parte psicologica è importante tanto quanto quella fisica, forse anche di più: ho conquistato una nuova e rinnovata autostima, la consapevolezza che posso uscire di casa senza essere presa in giro, senza il bisogno della continua approvazione degli altri, la certezza che se ti impegni… i risultati arrivano!”
“Un fatto era certo: ero grassa, bruttina e con un sacco di magagne fisiche dovute all’obesità, tra cui il diabete. Mi sono chiusa in casa, ho evitato il mondo, tanta era la mia vergogna. Le diete sono state mille. L’ultima, la più importante, qualche anno fa. Mi ero aiutata con il palloncino intragastrico (bib), infilato nello stomaco a maggio e tolto nove mesi dopo. Due anni di dieta e sono tornata “io”, con il mio fisico minuto che, nel frattempo, era invecchiato sotto il grasso. Ma c’era un fatto che non avevo previsto: ero dimagrita fuori ma dentro ero più obesa che mai e bastava un chilo in più, che una persona “normale” neanche si accorge di avere, per sprofondare nella paura più nera. Ho cercato di reagire, di stare calma, ho combattuto finché ho potuto, ma quando i chili in più cominciavano a essere sei o sette, il panico ha preso il sopravvento. Non riuscivo più a controllare la paura e l’angoscia, vedevo sfuggire quel successo senza essere capace di fare nulla. Ho ripreso 50 chili. E non esco più, perché non voglio che gli altri vedano la mia sconfitta. Fino ad ora. Per una foto. Per una sfida.”
“La vita oramai era diventata insostenibile. Ogni passo, goffo, impacciato, era una continua mortificazione, mi rammentava il continuo dolore di vivere in un corpo che non sentivo mio, e che non potevo fare a meno di continuare ad alimentare in modo incontrollato. Quando mi resi conto che non potevo più tollerare quel livello di sofferenza fisica e psicologica, decisi che, per me, valeva la pena di provare ad avere una vita migliore. Il 31 ottobre 2006 mi sono sottoposta a un intervento di bypass gastrico. Da quel momento ho perso 60 chili, e la mia vita è completamente cambiata. Ora vado al lavoro con il telo da mare e, appena finito il turno, vado a godermi gli ultimi raggi di sole. Certo, non sono ancora magrissima, anzi, formalmente sono ancora con un piede nell’obesità di primo grado, ma chi se ne importa!”.
“Mi vergogno profondamente perché ho paura di sedermi su una sedia per timore che si rompa, ho paura di volare con una compagnia aerea con cinture troppo strette, ho paura di entrare in un negozio, non posso permettermi una passeggiata con le mie amiche magre, che camminano sempre avanti a me, ricordandomi che sono più agili e più belle. Sono lì dietro e vedo gli sguardi che gli uomini regalano loro. Sopravvivo, ma non mi basta. Mi fermo, e non so di non volere più vivere questa vita. Mi arrabbio e la sfido. Ha vinto la vita. Ho vinto io. Ho 50 anni e ho perso 80 chili. Ci sono momenti persi che nessuno mi potrà ridare, ma mi riscopro in una taglia 46, con un gran coraggio, mi sento bene, sono capace di attraversare un parco e anche se allungo il passo, non ho l’affanno anzi raccolgo quel fiore che ho visto passando qualche giorno prima. Voglio raccoglierlo e portarlo a quell’amica che mi ha stretto la mano in quei momenti che consideravo persi, ma che ora vedo sotto un’altra luce”.
“Oggi quel vuoto non c’è più e quindi non mi serve il cibo per colmarlo, mangio quando ho fame, e controllo tranquillamente ciò che ingerisco. Cosa mi aiutato a guarire dall’obesità? Questo gruppo di persone che si sostiene a vicenda, che ha sofferto come te e che non ti giudica se inciampi e cadi, che ti tende le mani per aiutarti a rialzarsi. Non essere più sola ed essere capita e compresa mi ha aiutato a guarire dall’obesità. Ho parlato a lungo con mio marito e i miei figli, ho fatto leggere loro le esperienze degli altri, le loro vittorie e le loro sconfitte. Poi ho messo sotto il loro naso il referto medico con le analisi che confermavano la mia era un’obesità patologica. La mia vita era a rischio. Mi sono operata e ho ricominciato a vivere. Le patologie che mi avevano portato a un passo da un ictus erano sempre più deboli, la qualità della mia vita migliorava, il cibo veniva sostituito da altri interessi più costruttivi. Alla fine ce l’ho fatta: ho perso 47 chili. La paura di tornare obesa mi accompagna ogni giorno, ma è sempre più debole e so che le amiche del gruppo saranno sempre con me come io sarò sempre con loro”.
“Questa donna sono io. Ho 44 anni e non sono certo una ragazzina, né mi sento tale, ma ora mi permetto di godere ciò che mi sono a lungo preclusa: ho da poco sequestrato una stanza di casa mia, per attrezzarla a cabina armadio. Mille e mille accessori come ho visto nei negozi e una libreria che prima era stracolma di libri e ora piena di borsette. Mi rendo conto che ciò può apparire molto superficiale, troppo “leggero”. Ma è di questo che avevo bisogno nella mia vita: vivere con un po’ di leggerezza e sentire anche il superfluo delle cose. E ora sono qui, con 50 chili in meno a permettermi di scegliere le scarpe abbinate al foulard, sentendo che tutto si sta ricollegando. Adesso posso andare a sciare dopo 20 anni che non lo facevo e accetto volentieri l’invito a una festa senza avere imbarazzi. I ricordi dolorosi, le motivazioni che ti hanno portato a ingrassare così tanto, diventano ciò che sono: il tuo passato. E finalmente ora sai che il futuro te lo puoi scegliere.”