Endobarrier: una nuova procedura endoscopica per ridurre il peso e per il trattamento del diabete di tipo 2

L’endobarrier, tecnologia esclusivamente endoscopica, messa a punto negli Stati Uniti dalla GI Dynamics di Boston, è attualmente utilizzata con successo in vari Paesi europei (Belgio, Svizzera, Spagna, Gran Bretagna) ed extraeuropei. Ora disponibile anche nel nostro Paese.

Endobarrier: in cosa consiste?

L’endobarrier è una nuova tecnologia che in base ai risultati sinora ottenuti produce effetti simili all’intervento chirurgico di bypass intestinale, operando per via endoscopica.

La procedura prevede l’introduzione di un dispositivo endoscopico nel duodeno del paziente con l’obiettivo di ridurre l’assorbimento di cibo e modificare la produzione dell’ormone insulina. L’Endobarrier è un tubo di un polimero fluorurato di estrema stabilità, flessibile e impermeabile, aperto da ambo i lati, che viene ancorato al bulbo duodenale (la parte iniziale del duodeno) con alcune “graffette” metalliche. Funziona come una sorta di  “guscio protettivo” che viene inserito attraverso la bocca tramite l’uso di un endoscopio e sotto controllo radiologico: il tubo, una volta posizionato, crea una barriera tra il cibo e la mucosa intestinale.
I nutrienti ingeriti passano per lo stomaco e poi direttamente nel manicotto, in massima parte indigeriti. I succhi pancreatici e biliari attraversano in modo naturale il tratto intestinale, lungo lo spazio libero tra il manicotto e la parete intestinale. Si mescolano con i nutrienti non digeriti in corrispondenza dell’estremità distale del dispositivo, cioè, nel digiuno.

Quanto dura il trattamento?

Il dispositivo può restare in sede fino a 1 anno, poi viene rimosso.
Il trattamento con l’endobarrier deve essere accompagnato da una consulenza dietetica per ottimizzarne l’effetto e per evitare malfunzionamenti del dispositivo. I pazienti sottoposti a questo tipo di trattamento vengono quindi costantemente seguiti con visite di controllo periodiche pianificate insieme al proprio team multi-disciplinare formato dagli specialisti che seguono sin dall’inizio il paziente: diabetologo, nutrizionista, chirurgo/endoscopista, psicologo clinico.

Esistono dei vantaggi nell’utilizzare questa metodica rispetto ad altre tecniche di chirurgia per l’obesità?

  • Gli Esperti sottolineano, innanzitutto, che si tratta di una procedura interamente endoscopica e quindi meno invasiva rispetto ad altre tecniche chirurgiche e con meno rischi di complicanze. Il paziente sottoposto a questo tipo di trattamento può lasciare l’ospedale entro 48/72 ore.
  • Un altro aspetto positivo è la completa reversibilità della metodica. Il dispositivo, una volta inserito, può essere sempre rimosso utilizzando un endoscopio.
  • Ultimo aspetto, ma non meno importante, i costi più bassi. Si tratta, infatti, di una procedura meno costosa rispetto alla chirurgia tradizionale contro l’obesità.

Nel 2010, l’Endobarrier ha ricevuto l’approvazione della Comunità Europea (CE) e nell’agosto del 2012 ha ottenuto un riconoscimento condizionato dalla severissima US Food and Drug Administration (FDA).

Qual è la perdita di peso ottenuta finora con questo tipo di metodica?

Al momento non esistono studi condotti sulla popolazione italiana. Facendo riferimento alle indagini avviate in altri Paesi europei dove questa tecnologia viene già utilizzata, i risultati ottenuti sono molto incoraggianti: dimostrano una perdita superiore al 40% dell’eccesso di peso, e soprattutto la remissione clinica del diabete di tipo 2 con un netto miglioramento delle condizioni cliniche dei pazienti sottoposti a questo tipo di trattamento, come dichiarato in una recente intervista da Andrea Formiga, dell’UO Chirurgia Generale – Endoscopia digestiva del Polo Chirurgico Capitanio – Auxologico di Milano. L’Endobarrier rappresenta quindi una terapia innovativa per il diabete di tipo 2 e offre anche ulteriori opportunità alla ricerca biomedica volta alla migliore comprensione dei meccanismi alla base di patologie come il diabete e l’obesità. Studi sono in corso per valutarne ulteriormente l’efficacia in un numero maggiore di pazienti. La migliore comprensione dei meccanismi ormonali correlati a questo metodica meno invasiva potrà inoltre consentire lo sviluppo di ulteriori metodiche endoscopiche ed eventuali trattamenti farmacologici correlati.

Fonte

Vittoria Majocchi

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