Due bambini sardi su 10 (21,6%) hanno problemi di sovrappeso e il lockdown per l’emergenza Covid-19 lo ha ulteriormente aggravato. Ne parliamo con la d.ssa Manuela Piras, Nutrizionista e referente regionale del team multidisciplinare dell’Istituto Nazionale per la Cura della Obesità (INCO), diretto dal dr. Alessandro Giovanelli.
“Secondo un’ indagine regionale che abbiamo effettuato partendo dai dati dell’Assl di Cagliari (effettuati dal sistema di sorveglianza sul sovrappeso e l’obesità nei bambini del ministero della Sanità denominato “Okkio alla salute”) – spiega Manuela Piras -, in Sardegna lo 0.25% dei bambini risulta in condizioni di obesità grave, il 3,55% risulta obeso, il 17,8% sovrappeso, il 76,1% normopeso e il 2,28% sottopeso”.
“Nel complesso, il 21,6% dei nostri bambini presenta un eccesso di peso che comprende sia sovrappeso che obesità” sottolinea la d.ssa Piras. “A livello nazionale i bambini sono tra i più obesi d’Europa, con una maggioranza dei maschi (42% tra obesi e sovrappeso) rispetto alle femmine (38%). Condizione che si è aggravata durante il lockdown a causa di una minore attività fisica e una dieta scorretta. Sono numeri che non vanno sottovalutati se pensiamo ai rischi correlati all’obesità e alle alte probabilità per un bambino obeso di diventare un adulto obeso”.
Le cause sono soprattutto scorrette abitudini alimentari, scarsa attività fisica e comportamenti sedentari.
SCORRETTE ABITUDINI ALIMENTARI
SCARSA ATTIVITÀ FISICA
“Purtroppo questi dati evidenziano anche un’errata percezione da parte dei genitori sul peso corporeo e sull’attività motoria svolta dai propri figli: tra le madri di bambini in sovrappeso o con obesità, il 37% ritiene che il proprio figlio sia normopeso se non sottopeso” sottolinea la d.ssa Manuela Piras.
Tra le varie conseguenze del lockdown c’è anche quella relativa a un aumento del rischio di obesità infantile a causa di una ridotta attività fisica e una dieta poco corretta.
In parallelo, si è notato un aumento del consumo di bevande zuccherate e in generale di cibi spazzatura (junk food). L’attività fisica, rispetto all’anno precedente, è diminuita notevolmente.
“Dopo il lockdown abbiamo registrato – spiega la nutrizionista – sintomi di stress post-traumatico, confusione e rabbia. L’ansia e lo stress hanno portato a mangiare peggio e di più. Per la paura di carenza di cibo le persone hanno acquistato maggiormente alimenti confezionati e di lunga durata piuttosto che alimenti freschi. Ciò ha favorito un aumento di peso: si è ridotta l’assunzione di preziosi nutrienti presenti in frutta e verdura fresche, tipica nella dieta mediterranea, che – come ben noto – aiuta a contrastare le malattie cardiovascolari. Nel lungo periodo, la riduzione dell’attività fisica in un momento di crescita contribuisce, oltre all’aumento di peso, all’aumento dello stato infiammatorio nel giovane organismo”.
“Riconoscere questi effetti collaterali negativi della quarantena è fondamentale per valorizzare al massimo gli sforzi per il controllo del peso tra i bambini e i giovani sardi”.
Reference
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