Con la consulenza della prof.ssa Patrizia Burra**, ordinario di Gastroenterologia, dipartimento di Scienze Chirurgiche, Oncologiche e Gastroenterologiche dell’Università di Padova e vicepresidente della SIGE.
Il grasso che in molte donne dopo la menopausa si deposita intorno alla pancia aumenta il rischio cardiovascolare, più del peso di per sé stesso.
Diversi studi recenti hanno documentato che donne di peso corporeo normale, che presentano obesità centrale (obesità viscerale), sono a maggior rischio di mortalità rispetto a donne di peso normale senza obesità centrale diventando, il rischio cardiovascolare simile a quello delle donne con obesità.
Un recente articolo pubblicato sulla rivista Jama(1) suggerisce che un girovita abbondante, superiore a 88 cm (cioè un’obesità di tipo viscerale), nelle donne in post-menopausa potrebbe associarsi ad un aumentato rischio di mortalità. Yangbo et al sono giunti a questa conclusione, conducendo uno studio retrospettivo su un ampio campione, di ben 156.624 donne americane in menopausa, utilizzando dati raccolti dal Women’s Health Initiative study. Tale analisi ha evidenziato che l’obesità centrale, anche quando è associata a un peso corporeo normale, favorisce un aumento della mortalità da qualsiasi causa, da cause cardiovascolari e da tumori, rispetto alle donne normopeso, con circonferenza vita nella norma.
Secondo gli Autori questi risultati sono importanti perché in genere i medici non pongono attenzione alla misura della circonferenza vita nelle donne con peso corporeo nella norma. Ma in questo modo sfugge una categoria di soggetti che hanno un rischio di mortalità aumentato: quella delle donne in post-menopausa con girovita superiore a 88 centimetri.
Le caratteristiche dello studio
Lo studio ha valutato 156.624 donne di età media 63,2 anni, nell’arco di un lungo periodo di tempo in cui sono stati registrati 43.838 decessi, tra i quali 12.965 per cause cardiovascolari (29.6 %) e 11.828 per tumori (27.0 %). Confrontando questi dati con quelli relativi a donne normopeso – senza obesità centrale – a parità di caratteristiche demografiche, stato socioeconomico, fattori legati allo stile di vita e stato ormonale – in quelle con obesità centrale il rischio per tutte le cause di mortalità è risultato aumentato del 31%; mentre tra le donne in sovrappeso ma senza obesità centrale, il rischio risultava aumentato circa della metà (16%). Anche tra le donne normopeso, quelle con punto vita superiore a 88 cm (obesità centrale) presentavano rispetto a quelle con circonferenza vita normale, un rischio di mortalità cardiovascolare aumentato del 25% e di mortalità per tumori del 20%.
“Lo studio – commenta la prof.ssa Patrizia Burra**, vicepresidente della Società Italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva (SIGE) – presenta alcuni limiti perché ha preso in considerazione solo donne in post-menopausa; di conseguenza, questi risultati non possono essere estrapolati a donne più giovani, o alla popolazione maschile. Inoltre l’obesità centrale è stata valutata solo attraverso la misurazione del girovita, mentre il ricorso a esami di imaging più sofisticati, avrebbero fornito informazioni e permesso una più accurata stratificazione del rischio della popolazione in studio.
Il messaggio che emerge da questo studio, tuttavia, è importante – prosegue la prof.ssa Burra – perché, analizzando un ampio campione femminile, ha permesso di evidenziare come donne di peso corporeo normale, che presentino però obesità centrale, siano a maggior rischio di mortalità rispetto a donne di peso normale senza obesità centrale e che questo rischio sia simile a quello delle donne obese.
Ciò significa che basare la valutazione del rischio associato all’ obesità, soltanto in base al calcolo dell’Indice di Massa Corporea (BMI) non consente di individuare l’aumentato rischio di mortalità proprio delle donne normopeso ma con distribuzione del grasso intorno alla vita (obesità centrale). Dunque, il messaggio che emerge è chiaro e semplice: misurare sempre il girovita! L’Indice di MassaCorporea e la misura del girovita ci aiutano ad identificare le pazienti a maggior rischio”.
Anche un altro studio(2), pubblicato nel 2015, analizzando i dati relativi a un ampio campione di 15.184 persone (52.3% donne), di età compresa tra i 18 e i 90 anni, aveva riscontrato che nelle persone normopeso, ma con obesità centrale, il rischio di mortalità generale e da eventi cardiovascolare fosse superiore rispetto a soggetti con Indice di massa corporea simile ma senza distribuzione del grasso a livello centrale, dato che è stato confermato nelle donne.
Tuttavia, a far aumentare il rischio di mortalità non sono solo i chili di troppo e, in particolare, quelli che si depositano sul girovita. Negli ultimi anni l’attenzione degli studiosi si sta focalizzando con sempre maggior attenzione su un’altra condizione metabolica, la perdita del tessuto muscolare scheletrico (sarcopenia). “Di recente – sottolinea la prof.ssa Burra – abbiamo effettuato presso il nostro centro di Padova uno studio su pazienti con cirrosi epatica, che di frequente presentano una sarcopenia progressiva e generalizzata. La sarcopenia è risultata associata a aumento sia del rischio di complicanze cliniche che di mortalità, anche dopo che i pazienti venivano sottoposti a trapianto di fegato (3) ”.
L’alterata omeostasi metabolica è stata associata anche ad alterazioni della normale distribuzione del tessuto adiposo viscerale e sottocutaneo e tali alterazioni sono state correlate in modo indipendente ad un aumento del rischio di mortalità in pazienti con cirrosi, soprattutto di sesso femminile, ed ad aumento del rischio di recidiva di epatocarcinoma dopo trapianto di fegato soprattutto nel sesso maschile(4). Il nostro studio, ancora in corso, sta dunque valutando le immagini della TAC addome a livello della III vertebra lombare per studiare la distribuzione del tessuto adiposo sottocutaneo e del tessuto adiposo viscerale. Al momento, i risultati non hanno riscontrato un’associazione tra le alterazioni della distribuzione del tessuto adiposo e un aumentato del rischio di complicanze, né con un aumento di mortalità dopo trapianto. Questo resta dunque un argomento ancora aperto alla ricerca clinica”.
Secondo il presidente della Sige professor Domenico Alvaro “occorre che le società scientifiche si adoperino per diffondere nella popolazione messaggi chiari sulla prevenzione dell’obesità e sui semplici parametri da monitorare, che includano Indice di massa corporea, peso corporeo e girovita!”.
References
- Yangbo Sun, MD, PhD; Buyun Liu, et al – Association of Normal-Weight Central Obesity With All-Cause and Cause-Specific Mortality Among Postmenopausal Women. JAMA Netw Open. 2019 Jul 3;2(7)
- Karine R. Sahakyan, Virend K. Somers, et al – Normal Weight Central Obesity: Implications for Total and Cardiovascular Mortality. Ann Intern Med. 2015 December 1; 163(11): 827–835
- Merli M, J Hepatology 2017; Lucidi C, J Hepatol 2018
- Montano-Loza A, J Hepatology 2018, Ebadi et al, J Hepatology 2018
** La d.ssa Patrizia Burra, è Professore Ordinario di Gastroenterologia, dipartimento di Scienze chirurgiche, oncologiche e gastroenterologiche dell’Università degli Studi di Padova. Attualmente è Vicepresidente della Società Italiana di Gastroenterologia (SIGE), Vicepresidente del North Italian Transplant (NIT), Past Presidente dell’International Liver Transplantation Society (ILTS), di cui prima era stata Presidente e Tesoriere. È inoltre presidente onorario dell’European Board Transplant Medicine e Coordinatore della Commissione Permanente Trapianti dell’Associazione Italiana Studio Fegato (AISF). È Presidente della Fondazione ONLUS Marina Minnaja per la Ricerca e lo Studio nel Trapianto di Fegato. Nel 2016 ha aderito al progetto “100 donne contro gli stereotipi”.
In qualità di medico si occupa principalmente di complicanze della cirrosi epatica, epatopatia alcolica, malattie dismetaboliche e trapianto di fegato. Ha svolto inoltre ricerca di base sulle cellule staminali dal cordone ombelicale e il loro differenziamento in epatociti.
È autrice di oltre 300 pubblicazioni scientifiche nazionali e internazionali, con oltre 9000 citazioni e un H-Index di 51.