Nei negozi etnici ogni anno sono vendute a centinaia di migliaia le confezioni di prodotti cosmetici per schiarire la pelle contraffatti, e potenzialmente pericolosi per la salute; le acquirenti sono soprattutto ragazze immigrate africane, provenienti dal Senegal, Nigeria, Costa d’Avorio e dall’Africa Subsahariana.
L’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) ha lanciato un allarme per dissuadere dall’acquisto di questi prodotti, che sono venduti come cosmetici perché nei paesi da cui provengono non sono stati registrati come medicinali, anche se contengono miscele di elementi che possono essere nocivi per la salute, soprattutto se utilizzati su ampie superfici della pelle e per periodi di tempo prolungati.
Principi attivi velenosi come il mercurio, o corticosteroidi potenti, utilizzati nei farmaci per uso dermatologico, come il clobetasolo o il betametasone, possono essere contenuti in queste creme sbiancanti introdotte illegalmente in Italia; l’assunzione di questi prodotti può provocare danni alla pelle, come l’iperpigmentazione, l’ipertricosi o striature simili alle smagliature, ma anche conseguenze negative per l’organismo, come ipertensione arteriosa, diabete, malfunzionamento dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, a causa dell’assorbimento cronico dei vari componenti.
Nell’Unione Europea sono in vigore regole severe per la produzione e la commercializzazione di questi prodotti per schiarire la pelle, ma il problema è costituito da quelli che vengono importati illegalmente e fabbricati in aree dove non ci sono regole sanitarie; secondo l’Aifa, i marchi di creme sbiancanti sono 36, di produzione prevalentemente cinese, ma su cui vengono apposti marchi simili a quelli italiani, con la scritta ‘prodotto in Italia’, e poi introdotti nel nostro paese attraverso l’Africa.
Per verificare che le creme siano veramente di produzione italiana, bisogna controllare che abbiano l’Aic (Autorizzazione all’Immissione in Commercio). Domenico Di Giorgio, direttore del Reparto Contraffazione dell’Aifa, spiega: «I numeri della diffusione di questi prodotti tra le donne immigrate sono impressionanti; secondo uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità, il 40% di quelle sotto i 35 anni, e il 36% di quelle sopra quell’età, ne fa uso, spesso cospargendo tutto il corpo, e regolarmente, per anni, per ottenere una maggiore accettazione sociale e maggiore facilità nel trovare lavoro».
Nelle dogane navali e aeroportuali, e negli uffici di sanità delle frontiere, sono stati intensificati i controlli e sono in continuo aumento i sequestri: nell’aeroporto di Fiumicino, uno dei più attivi, se ne registrano almeno tre alla settimana; i quantitativi variano dal centinaio di pezzi nascosti nelle valigie, alle 46.200 confezioni che la Guardia di Finanza ha sequestrato il mese scorso nel porto di Ancona.
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