A cura dei prof.ri Carmelina Loguercio, Napoli e Domenico Alvaro, Roma, specialisti della SIGE, Società Italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva**
Gli specialisti della SIGE e delle altre società scientifiche devono tutti collaborare per diffondere il corretto utilizzo degli alcolici. Ci sono categorie in cui il consumo è vietato in modo assoluto: NO se al di sotto dell’età legale, se si guida, sui posti di lavoro, se si assumono farmaci o se si è in gravidanza.
“Tuttavia, alla luce dei dati scientifici, non possiamo affermare – sottolineano gli esperti – che un bicchiere di vino o una lattina di birra nella nostra alimentazione quotidiana, faccia venire qualunque tipo di cancro. È necessario fare chiarezza”.
L’alcol è una sostanza edonica, ma nell’indurre piacere può creare dipendenza e certamente – se l’uso è frequente – un danno a vari organi e apparati. Se questo è vero per tutti, è altrettanto vero che per i giovani rappresenta un rischio ancora maggiore, poiché i ragazzi metabolizzano male gli alcolici, ne abusano spesso senza neanche rendersene conto, si abituano a un approccio alle bevande alcoliche che può durare tutta una vita, lo usano per ‘sballare’ senza spendere granché e senza avere rapporti con l’illegalità. Spesso, sobri o ubriachi, inconsapevoli, si mettono alla guida di veicoli e muoiono (o fanno morire). Per tutte queste e per altre tante ragioni l’uso di alcolici fra i giovani va limitato e controllato.
Anche l’uso indiscriminato di alcolici in soggetti adulti e anziani non può essere certo avvallato. Ciò detto, tuttavia, vanno fatte alcune considerazioni su recenti articoli della letteratura scientifica che già di per sè presentano una grossa discrepanza fra il titolo e il contenuto. “L’alcol fa venire il cancro, l’alcol è un cancerogeno primario, anche un bicchiere di vino ne aumenta il rischio”… Questo dicono i titoli di recenti articoli. Tuttavia, leggendo gli stessi lavori, si evince che l’associazione forte è, anche a basse dosi di alcol, solo per cancro della mammella dopo la menopausa, tumore della prostata (su cui tuttavia incide la presenza di insulino-resistenza) e forse del melanoma (su cui pesa come fattore confondente l’esposizione a raggi solari).
D’altra parte si documenta un effetto protettivo dell’alcolici per tumore vescicale, renale, ovarico e linfomi.
Se la ricerca bibliografica sui fattori determinanti il cancro viene fatta per dieta e ambiente, emergono strettissime correlazioni causa-effetto per eccesso di carboidrati, obesità e diabete, sedentarietà, fumo, esposizione a contaminanti alimentari utilizzati nell’industria o nell’agricoltura (nitrosamine, idrocarburi policiclici, cadmio, arsenico, policromobufenili, diossine, pesticidi, interferenti endocrini, e altri ancora), contatto con sostanze utilizzate nel lavoro industriale (ad esempio collanti o clorofenoli nelle lavanderie o nei ristoranti, distruttori endocrini derivanti da una non corretta gestione dei rifiuti, e così via).
Più di recente, particolare rilievo nella patogenesi dei tumori viene dato all’uso di sostanze anabolizzanti-dopanti nelle palestre. Tutto ciò ha fatto sì che l’American Institute for Cancer Research nel 2018 (Alcoholic drinks and the risk of cancer, CUP, Continuous Update Project analysing research on cancer prevention and survival, World Cancer Research Fund), dopo attenta revisione della letteratura, abbia rivisto le proprie posizioni rispetto al 2007. Un primo problema metodologico posto dagli autori è la valutazione del contenuto alcolico di un drink (unità di misura con cui si valuta il consumo di alcolici). Per esempio, in Gran Bretagna il vino è servito in un bicchiere da 250 ml contro i 125 ml generalmente considerato in Italia!
L’altro discorso metodologico riguarda i cosiddetti ‘confounders‘ ovvero tutti quei fattori intrinseci (fattori metabolici, ormonali, genetici, etc) o fattori estrinseci (altre abitudini voluttuarie, dieta, esposizioni ambientali e nell’ambiente di lavoro, sede di residenza e altro ancora) che certamente possono influenzare l’insorgenza di un tumore. Nell’ultima revisione, gli autori concludono sulla stretta associazione tra consumo abituale di alcolici e tumore alla mammella in epoca pre-menopausale e, carcinoma squamoso dell’esofago (nessuna relazione con adeno-carcinoma). Per fegato, colon e stomaco bisogna superare dai 30 ai 45 grammi di alcol al giorno per avere una significativa associazione, e per il pancreas non vi è alcun dato conclusivo.
Infine un lavoro di marzo 2019 (Int J Cancer 2019), in cui sono stati valutati come fattori di rischio per tumore il fumo, l’alcol, l’indice di massa corporea, la dieta, la sedentarietà, il digiuno prolungato, le infezioni e le polluzioni ambientali, mostra come circa il 35 per cento (35%) di nuovi casi di tumore nell’adulto siano collegati all’associazione di più fattori, fra cui particolarmente la ridotta attività fisica e il fumo.
“Quello che ci preme sottolineare, afferma il presidente della SIGE, Domenico Alvaro, professore di gastroenterologia dell’Università ‘La Sapienza di Roma’ – è il ruolo delle società scientifiche e, nel caso in oggetto, della Società Italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva (SIGE) nella interpretazione e diffusione delle novità scientifiche riguardanti la salute dell’uomo”.
“In un mondo in cui la comunicazione fa da padrona assoluta di ogni evento quotidiano, è fondamentale quantomeno un’interpretazione corretta delle notizie riguardanti la salute dell’uomo, da parte di chi ne ha le giuste competenze. La SIGE e le altre società scientifiche devono tutte insieme lottare contro il non corretto uso dell’alcol” sottolinea il prof. Alvaro.
“È necessario, altresì, che il mondo della produzione e del commercio, dell’agricoltura e dell’economia, della scienza e della comunicazione, lavorino all’unisono nel produrre, nell’insegnare e nel monitorare un globale corretto stile di vita, senza limitare le libertà individuali ma, informando in modo corretto il cittadino sul consumo di alcolici e superalcolici e ricordando, fra l’altro, che ciascuna rigida proibizione porta inevitabilmente alla trasgressione” conclude il prof. Alvaro.
**La professoressa Carmelina Loguercio è ordinario di gastroenterologia della II° Università di Napoli e direttrice del Centro Interuniversitario di Ricerche su Alimenti, Nutrizione e Apparato Digerente` (Ciranad) di Napoli
Il professor Domenico Alvaro è ordinario di gastroenterologia dell’Università La Sapienza di Roma e presidente della Società Italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva (SIGE)
Reference
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