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Collaborazione fra arte della cucina e medicina contro l’obesità

Una conferenza su scienza dell’alimentazione, arte culinaria e salute, dal titolo significativo Cucina sana, vivi sano; la cura per i nostri pazienti e per noi stessi (Healty Kitchens, Healty Lives. Caring for Our Patients and Ourselves), che si è tenuta recentemente, è stata lo spunto per David Eisenberg, del Dipartimento Nutrizione dell’Harvard Medical School e i colleghi dell’Harvard School of Public Health di Boston, per una ricerca sulle abitudini alimentari dei medici e dei loro pazienti. Un altro spunto è stato il cambiamento delle abitudini alimentari degli americani, anche in termini di spesa alimentare.
Gli americani nel 1960 spendevano in prodotti alimentari 2,7 volte più di quanto spendevano in medicinali, ora invece si sono rovesciate le proporzioni, risultando oggi la spesa sanitaria doppia di quella per l’alimentazione; ma, nonostante l’aumento della spesa sanitaria, il tasso di obesità e quello di diabete mellito sono in continuo aumento. Osserva Eisenberg: «Le Facoltà di Medicina e di Infermieristica addestrano i professionisti sanitari a diagnosticare, trattare e gestire le malattie; le Scuole di Cucina addestrano i cuochi a nutrire il pubblico o a fornire consigli all’industria alimentare, ma solo raramente gli esperti di medicina e di culinaria condividono informazioni, competenze e idee su come le due comunità professionali potrebbero collaborare per ridurre i tassi di obesità e delle malattie correlate alle scelte alimentari e agli stili di vita.
Molti professionisti della sanità vogliono consigliare i propri pazienti sulle abitudini alimentari e costituire per loro un modello, ma essi stessi, come i loro pazienti, mancano della conoscenza e della pratica necessarie. Per questa ragione dobbiamo incrementare gli sforzi educativi che mirano a tradurre decenni di scienza della nutrizione in strategie pratiche in cui cibi salutari, economici, di facile preparazione e gustosi, diventino l’elemento predominante nello stile di vita di ognuno». Anche il medico, dunque, deve imparare a cucinare.
Nel corso della conferenza medici, dietologi, epidemiologi, cuochi, fisiologi ed esperti del comportamento hanno scambiato per quattro giorni esperienze e informazioni, con molte sessioni dedicate a prove e lezioni di culinaria che hanno ottenuto ottimi risultati, anche sul lungo periodo, sia sul piano professionale che su quello personale.
Ai quasi 400 partecipanti (387), due terzi dei quali medici, è stato chiesto di rispondere alle domande di un questionario preparato da Eisenberg e colleghi, subito dopo la fine della conferenza, e a quelle di un altro questionario dopo 12 settimane; 219 medici hanno aderito ma al momento del confronto fra i due questionari il loro numero è sceso a 192. Dopo le quattro giornate trascorse facendo anche esperienza diretta di cucina, con l’aiuto dei cuochi, la percentuale di quelli che si cucinano i pasti è cresciuta dal 58% al 74%, quella del consumo di verdure dal 69% all’85%, delle farine integrali dal 67% all’84%, ed è aumentata la consapevolezza del consumo calorico dal 54% al 64%. Grandi miglioramenti anche sul piano professionale, perché la capacità di valutare lo stato nutrizionale dei pazienti è cresciuta dal 46% all’81%, e quella di dare consigli su alimentazione e stili di vita ai pazienti obesi è salita dal 40% all’81%.

 

Fonte
David M. Eisenberg et al – Enhancing Medical Education to Address Obesity: “See One. Taste One. Cook One. Teach One.”
JAMA Intern Med 18 febbraio 2013
La redazione

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