Obesità: una nuova interpretazione grazie anche al CSRO

Obesità: una nuova interpretazione grazie anche al CSRO

“L’obeso non è una persona priva di volontà che si merita la taglia che si ritrova ma un soggetto affetto da una grave malattia, che va riconosciuta dal SSN in quanto determinata da uno squilibrio energetico e da alterati meccanismi che normalmente regolano le sensazioni di fame e sazietà.” Così ha esordito il prof. Michele Carruba, past presidente SIO e direttore del Centro di Studio e Ricerca dell’Obesità (CSRO) di Milano durante l’ “Incontro aperto alla cittadinanza in occasione della Giornata Europea dell’Obesità“, svoltosi al Consiglio Regionale della Lombardia.

 

L’obesità (5,5 milioni di obesi nel mondo) rappresenta uno dei più importanti problemi di salute pubblica del nostro tempo, perché riduce l’aspettativa di vita, aumenta la morbidità (cresciuta di sei volte negli ultimi quarant’anni) e la spesa sanitaria. “In Italia, se consideriamo sovrappeso ed obesità di tutti i livelli, quasi il 50 % della popolazione ha un’alterazione del peso corporeo. E siamo ancora completamente ignoranti su questo problema perché in questo Paese, ancora l’obesità non è una malattia né a livello politico, né di popolazione né a livello medico: viviamo in un Sistema Sanitario Nazionale che non l’ha presa in considerazione. Oggi per la maggior parte delle persone rappresenta un problema estetico, la gente vuole dimagrire perché non si piace, non ragionando sul fatto che questa sia una malattia mortale che riduce l’aspettativa di vita di circa 10 anni (57.000 morti/anno, 150 casi al giorno, cioè 1 ogni 10 minuti) in crescente aumento. Nel 2030, si prevede che la popolazione Europea sarà obesa, con picchi del 90% in alcuni Paesi. In Italia, inoltre, c’è il triste primato di avere la percentuale maggiore in Europa di obesità infantile (12% bambini obesi, 24% bambini in sovrappeso). Da considerare che un bambino in sovrappeso all’età di 8-9 anni ma anche prima, ha 80 probabilità su 100 di rimanere obeso da adulto.

Fotografare i nostri bambini oggi significa avere un quadro di quello che sarà l’obesità domani con notevole impegno anche economico con previsioni fino a 22 miliardi/anno per costi diretti (cure) ed indiretti (mortalità precoce, giornate di scuola/lavoro perse etc).
Gli approcci terapeutici tradizionali, che comprendono oltre alla restrizione dietetica, l’esercizio fisico e i farmaci anoressizzanti, a volte anche la chirurgia bariatrica nei casi di grande obesità rappresentano oggi dei tentativi non sempre fruttuosi se non opportunamente utilizzati.

 

La creazione del Centro di Studio e Ricerca sull’Obesità

Le conoscenze attuali si sono notevolmente ampliate rispetto alle generalizzazioni del passato. Questo ha permesso di intraprendere studi sempre più approfonditi sulle componenti genetiche e sui meccanismi molecolari che costituiscono i substrati biologici su cui agisce l’ambiente nel determinare l’insorgenza dell’obesità e delle numerose patologie correlate. Tali ricerche hanno portato a rilevanti acquisizioni scientifiche e a un nuovo modo di pensare all’obesità.

Su queste premesse, nel 1997, si è costituito presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano, il Centro di Studio e Ricerca sull’Obesità (CSRO), unico esempio in Italia.

L’attività di ricerca si è orientata in tre direzioni principali: ① la ricerca di base; ② la formazione, attraverso l’organizzazione di congressi e incontri; ③ la conduzione di studi clinici con farmaci innovativi. Tre direzioni che procedono però tutte dallo stesso assunto di base: l’obesità deve essere considerata una vera e propria malattia e non un problema estetico.

 

L’obesità come fattore di rischio globale

L’obesità di caratterizza con un accumulo abnorme di grasso sotto forma di tessuto adiposo localizzato in diversi distretti dell’organismo, il più pericoloso quello viscerale che porta con sé, come conseguenza, l’insorgenza di situazioni cliniche estremamente gravi perché aumentano il rischio cardiovascolare e tumorale. “Per fare degli esempi, ricordiamo” ha ribadito il prof. Carruba “che i pazienti obesi con accumulo di grasso tra i visceri sono anche ipertesi, insulinoresistenti fino a diventare diabetici (diabete di tipo 2), e hanno un alterato profilo ematico dei lipidi, cioè di colesterolo e trigliceridi che si accumulano nel sangue, con rischio di aterosclerosi. L’insieme di questi fattori definisce la “sindrome metabolica”. Il paziente affetto da tale patologia può andare incontro ad eventi fatali, ad esempio un ictus o un infarto del miocardio. Si consideri che ad oggi non esiste uno specialista che si faccia carico della diagnosi e della terapia della sindrome metabolica.

 

Il tessuto adiposo viscerale non è un tessuto inerte come si pensava fino a poco tempo fa ma è un organo metabolicamente attivo che secerne sostanze che vanno ad interferire con altri organi. Più ce n’è per esempio e più queste sostante sono in grado di causare insulino-resistenza, che ha come conseguenza il diabete. Una riflessione, nel nostro SSN, il diabete di tipo 2 (circa il 90% di tutti i casi di diabete) viene considerato una malattia pericolosissima, in ogni Paese c’è un centro o un ambulatorio per la cura del diabete. Dei diabetici di tipo 2, l’86% è in sovrappeso od obeso eppure oggi viene curato il diabete che è un sintomo di una malattia chiamata obesità ma non curiamo la causa! Ci sono studi che hanno dimostrato che basta perdere il 5% del proprio peso corporeo per ridurre notevolmente la spesa di farmaci antidiabetici. La stessa cosa vale per l’ipertensione ma anche per i tumori: è stato dimostrato che il 30% dei tumori può essere prevenuto con una corretta alimentazione.”

 

“Le sostanze secrete dal tessuto adiposo viscerale creano anche uno stato di infiammazione cronica. Producono TNFalfa che è una sostanza pro-infiammatoria che distrugge i mitocondri (piccoli organuli intracellulari deputati alla funzione energetica cellulare) e perpetua l’obesità. Perché se non ci sono i mitocondri le nostre cellule anche se hanno tanta benzina (grasso) non sono capaci di utilizzarla (bruciarla). L’idea che un obeso sia una persona piena di energia è da dimenticare: l’obeso è una persona con un bel serbatoio pieno ma non è capace di utilizzarlo. In pratica è come avere una Ferrari con il motore di un motociclo.”

 

“L’accumulo di grasso viscerale dopo un certo numero di anni, trasforma l’obesità in sindrome metabolica , una condizione che associa e complica l’obesità con l’ipertensione, il diabete di tipo 2 e la dislipidemia. La conseguenza è una notevole riduzione dell’aspettativa di vita, in particolare se l’obesità è insorta in giovane età, oltre ad un notevole abbassamento della qualità di vita stessa.

 

“Quello che lo Centro di Studio e Ricerca sull’Obesità (CSRO) ha cercato di dimostrare in questi anni è che alla base di tutte queste situazioni apparentemente slegate tra loro ma correlate dal punto di vista epidemiologico, si identificano meccanismi patogenetici comuni potenzialmente modificabili dai farmaci. Curare l’obesità, dunque, prevenire e curare la sindrome metabolica. Significa evitare al paziente obeso conseguenze gravi che incidono in modo pesante sulla qualità della vita e possono avere esiti fatali.”
“L’obeso non è una persona priva di volontà che si merita la taglia che si ritrova ma un soggetto affetto da una grave malattia determinata da un disequilibrio energetico e da alterati meccanismi che normalmente regolano le sensazioni di fame e sazietà. Il CSRO in questi anni si è dedicato allo studio di questi meccanismi che regolano l’equilibrio energetico e con questo obiettivo intende procedere per migliorare le aspettative di vita degli oltre 500 milioni di persone che in tutto il mondo sono affette da obesità e da sindrome metabolica puntando su percorsi convalidati di prevenzione e stili di vita sani. Ricordiamoci che per ogni euro speso in prevenzione se ne risparmiano tre in terapie future. E’ ora di considerare l’obesità come una malattia cronica qual è ed ottimizzare tutte le risorse disponibili per imparare a gestirla prima possibile. Un primo passo potrebbe essere inserirla nei LEA: Livelli Essenziali di Assistenza perché non c’è più ombra di dubbio che oggi si può curare l’obesità garantendo una migliore qualità di vita ai pazienti e nel contempo, riducendo i costi per il SSN, destinati in caso contrario a collassare. E qui lancio l’appello che sia proprio Milano e la regione Lombardia a fare questo primo passo avanti.”

 

Fonte

Incontro aperto alla cittadinanza in occasione della Giornata Europea dell’Obesità
Consiglio Regionale della Lombardia, via F Filzi, 22, Milano
Venerdì 20 maggio, ore 11 – Sala Gonfalone

 

 

"Poter vivere una vita normale... non una vita a metà"

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