A cura del dr. Emanuel Mian, psicologo/psicoterapeuta referente del team chirurgico C.I.B.O., Istituti Clinici Zucchi di Monza, Gruppo Ospedaliero San Donato.
Il dott. Emanuel Mian ci parla in questa intervista dei principali disturbi alimentari correlati all’eccesso di peso che riscontra ogni giorno nella sua pratica clinica, in particolare del Binge Eating Disorder (BED).
Qual è il disturbo alimentare che incontrate più spesso nella vostra pratica clinica?
Il disturbo più frequente che osserviamo tra i pazienti affetti da sovrappeso/obesità è il cosiddetto Binge Eating Disorder (BED), in italiano la Sindrome da Alimentazione Incontrollata, ovvero le abbuffate compulsive. L’interesse verso il BED è notevolmente aumentato nell’ultimo decennio per il suo stretto legame con l’obesità.
Il Binge Eating Disorder viene definito tale quando si verificano episodi di “binge” (abbuffata) almeno una volta alla settimana per tre mesi e durante questi episodi, devono verificarsi almeno tre o più di questi comportamenti:
INCIDENZA DI BINGE EATING |
1. mangiare molto velocemente,
2. mangiare oltre la sensazione di pienezza e gonfiore, 3. mangiare fino a scoppiare anche se non si è affamati, 4. mangiare da soli per sentirsi più liberi di ingurgitare più cibo possibile, 5. sentirsi in colpa, disgustati di se stessi, o depressi dopo essersi abbuffati (Fonte: DSM-5 APA, 2014). |
Stiamo parlando di persone che magari cenano in compagnia e poi tornano a casa e ricominciano a mangiare, ingurgitando quantità anomale di cibo, senza controllo. Un malessere che ha poco a che vedere con la gola ma molto di più con la perdita di controllo. Sono persone per cui il peso, la forma del corpo, sono preoccupazioni costanti, che definiscono la loro stessa identità.
Il BED è anche uno dei pochi disturbi alimentari che è quasi “democratico” perché colpisce uomini e donne quasi allo stesso modo con un rapporto di 2 uomini ogni 3 donne. L’età di insorgenza ormai è poco superiore a quella dell’anoressia possiamo dire che giungono alla nostra attenzione sin dai 16-18 anni d’età con punte anche di 13 anni.
Da che cosa viene scatenato il Binge Eating Disorder?
I fattori scatenanti del BED possono essere molti e differenti anche in base alla personalità, al vissuto e all’ambiente di ciascuna persona: sensazioni spiacevoli di sentirsi indesiderati, considerati sgradevoli, sentirsi grassi e in molti casi esserlo peggiora sicuramente il quadro. Ma ci sono anche altri fattori come la volontà di rompere regole troppo rigide e percepite come insostenibili, una scarsa progettualità personale, la sensazione perenne di sentirsi soli (e in molti casi esserlo davvero), il disturbo disforico premestruale o SDP (da non confondersi con la sindrome premestruale) e anche l’abitudine a bere superalcolici.
Quali sono le differenze tra il Binge Eating Disorder (BED) e l’Obesità?
Dalla nostra esperienza, avvalorata anche da studi di letteratura, le persone obese con BED rispetto a quelle senza BED mostrano livelli più bassi di autostima, tendono ad avere più sintomi nella sfera depressiva, più disturbi psichiatrici associati e più disturbi di personalità. Ma ci sono ulteriori differenze, correlate al comportamento a tavola:
- le persone obese con BED introducono più calorie rispetto ai soggetti obesi NON-BED.
- I soggetti obesi BED consumano più dolci e snack (caratterizzati da più grassi e meno proteine) rispetto alle persone obese senza Binge Eating Disorder.
In definitiva, possiamo affermare che il disturbo psicologico in questi casi è correlato con il grado di Binge Eating Disorder (BED) e non con il grado di obesità.
Circolo vizioso che si autoalimenta nel paziente con obesità e con BED
I pazienti che arrivano hanno già provato molte diete? Perché non servono?
Hanno provato di tutto e di più. Per capire perché le diete falliscono, proviamo a pensare al disturbo alimentare dei nostri pazienti: inizia da un’intolleranza alle emozioni, bassa autostima, insoddisfazione per la propria immagine corporea, tutte motivazioni che portano in alcuni casi a intraprendere una dieta come tentativo di rimettere a posto le cose; ma come potete immaginare se io penso di non valere molto, penso di non farcela, inizio una dieta ma sono demotivato già in partenza. E questo è già un primo momento che dobbiamo affrontare con i nostri pazienti, insieme ai colleghi del team C.I.B.O. Oltre a questo si verifica spesso un fenomeno di food addiction, che porta la persona affetta da obesità a considerare il cibo come fosse una droga per colmare i suoi bisogni, le sue mancanze affettive. Secondo gli studi più recenti sembrerebbero esistere effettivamente dei circuiti correlati a quelli dell’abuso di sostanze stupefacenti, che vengono attivati in queste situazioni, fornendo una spiegazione scientifica a questo fenomeno di “ricompensa” (reward). A questo si somma la fame nervosa, legata a sensazioni che in genere non sono mai gradevoli e che utilizza il cibo come compenso. Più le emozioni sono negative e più si verificano episodi di abbuffate compensatorie e compulsive e più le persone sono disposte ad aumentare il loro peso corporeo vanificando ogni tentativo di dieta.
Tutti abbiamo sensazioni negative o stati d’ansia, come mai queste persone reagiscono in questo modo?
È vero, ma normalmente lo stato di ansia si abbassa una volta passato il fattore scatenante; nei soggetti che hanno fame nervosa, lo stato di allerta rimane sempre attivo, si verificano dei picchi molto più alti e persistenti rispetto ai soggetti che non soffrono di attacchi di fame nervosa.
Nelle donne, inoltre, c’è un altro problema ovvero il Disturbo Disforico Premestruale: alcune donne durante la settimana precedente il ciclo mestruale hanno degli sbalzi di umore molto forti con un irrefrenabile desiderio di dolci. In più, dobbiamo renderci conto che la persona affetta da obesità viene anche stigmatizzata per un motivo molto semplice: “mancanza di volontà”, “dovresti fare di più”, “dovresti fermarti”, “sei pigro” ma d’altra parte la disponibilità del cibo è qualcosa che non si nega a nessuno e che è sempre disponibile; in qualsiasi momento possiamo aprire il frigo e nessuno ci arresterà per questo (come avverrebbe per una droga “classica”), quindi in realtà è un problema molto più difficile e sottile da comprendere e da gestire. Food addiction è un termine molto azzeccato per descrivere la situazione; è stato tradotto da addictus, persona ridotta in schiavitù per ottemperare ad un debito. In definitiva, anche le persone affette da obesità sono schiave del cibo.
Quali sono i cibi che creano più dipendenza?
Esistono molte review che documentano come siano purtroppo i cibi ipercalorici a creare dipendenza: la pizza, il cioccolato, le patatine, biscotti, il gelato sono tutti cibi ipercalorici e spesso scompensati su alcuni macronutrienti (grassi e carboidrati) che creano dipendenza mentre cetrioli e fagioli senza salsa, carote, mele non creano dipendenza, solo per citarne alcuni. Oltre a questo nelle persone affette da obesità c’è un problema di riconoscimento e gestione dell’appetito e della fame. Nel senso, la fame è fisiologica, l’appetito è psicologico. Facciamo un esempio: io sono naturalmente ghiotto di dolci, se mi mettete davanti il mio dolce preferito, mi piacerà a tutte le ore. L’appetito dipende da diversi fattori psicologici. Facendo degli studi con un oculometro (“eye tracker”), uno strumento utilizzato per valutare quanto il nostro sguardo si fissa sugli oggetti e gli alimenti e soprattutto dove, è stato osservato che guardiamo in modo molto più intenso i cibi ipercalorici e li guardiamo “per primi”. Perché? Perché la parte cerebrale coinvolta è quella più antica, più legata ai nostri bisogni ancestrali primitivi come la nutrizione e quindi all’istinto di sopravvivenza e alla paura della mancanza di cibo.
Se ci pensate anche i classici “comfort food”, i cibi “rifugio” che ognuno di noi ha, sono quasi sempre cibi ipercalorici e questo certamente peggiora ulteriormente il quadro. Parlavo prima di reward, di ricompensa, noi cerchiamo spesso i comfort food – soprattutto se siamo affetti da obesità – come se fossimo drogati, nel senso che si attivano le stesse aree, gli stessi circuiti cerebrali, fino a diventarne schiavi.
Qual è il corpo desiderato dai vostri pazienti?
Nella mia prassi di ricerca e terapia utilizzo strumenti digitali 3d per stabilire insieme al paziente il corpo ideale nell’immaginario dei nostri pazienti. Li utilizziamo soprattutto per capire se l’obiettivo e le aspettative del singolo paziente sono realistiche: è chiaro che se ho 60 anni, sono in sovrappeso oppure affetto da obesità, e voglio ritornare al corpo che avevo a 20 anni, nessuna chirurgia bariatrica o terapia di altro genere potrà mai realizzare il mio sogno e questo aumenterà la mia insoddisfazione invece di lenirla. Attraverso alcuni studi, con questi strumenti e il Body Image Revealer che portai a SuperQuark abbiamo scoperto che i nostri pazienti (ma anche le donne in generale) guardandosi allo specchio osservano come prima cosa le parti dove non si piacciono. Inoltre, sembrerebbe che nei pazienti con disturbi alimentari, è alterata l’area cerebrale normalmente deputata a cercare di capire “Come gli altri ci vedono”. A complicare il quadro, infine, il fatto che negli anni il modello socio-culturale dell’immagine corporea cambia e non sempre può essere facile adeguarsi ai nuovi modelli di riferimento.
Per saperne di più
- Emotifood
Un nuovo approccio terapeutico ai disturbi alimentari - Gremigni P, Letizia L. Il problema obesità. Manuale per tutti i professionisti della salute. Maggioli Ed, 2011
- Molinari E, Castelnuovo G. Clinica psicologica dell’obesità. Esperienze cliniche e di ricerca. Springer-Verlag Italia, 2012
- Vasta FN, Del Lungo A, Girelli R. Psicologia e psicopatologia dell’alimentazione. Società Editrice Universo. 1° Ed, 2011