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Con la consulenza della Dr.ssa Simonetta Sarro**, psicologa bariatrica, coordinatrice SICOB Regione Lombardia, team bariatrico San Gaudenzio, Novara
La persona che si avvicina alla chirurgia bariatrica per perdere peso ha un sacco di aspettative e di speranze: perché l’intervento chirurgico rappresenta un cambio di vita. È molto importante capire se queste aspettative siano realistiche oppure no. Questo perché è necessario valutare se il paziente è ben consapevole del percorso che lo aspetta e soprattutto se è ben consapevole che molto dipende da lui.
“Alcune pensano che l’intervento sia la bacchetta magica. Io mi faccio operare e cambia tutto.” “Non funziona così – sottolinea la D.ssa Simonetta Sarro, psicologa bariatrica presso l’Ambulatorio Obesità e Chirurgia Bariatrica dell’Istituto San Gaudenzio di Novara. L’importante è fare prendere consapevolezza alla persona con obesità che la riuscita del percorso di perdita di peso, è nelle sue mani. Sicuramente il chirurgo farà la sua parte ma dopo passa al paziente la palla. Ed è il paziente che deve saper gestire, affrontare la vita, la quotidianità in maniera diversa, cambiando radicalmente il suo stile di vita e deve essere pronto a farlo se vuole davvero rinascere.”
Come valutare se le aspettative sono realistiche, sostenibili
“Le aspettative realistiche vengono proprio valutate cercando di parlare, di confrontarsi con il paziente e capire bene che cosa si aspetta. Si aspetta di perdere cinquanta chili in una settimana? Non è realistico! Si aspetta che basti l’intervento per non mangiare più per noia? Non è realistico! Un’aspettativa non realistica va affrontata perché significa che il paziente ha un’aspettativa “magica” che lo porterà a fallire anche nel caso l’intervento bariatrico sia andato benissimo. A fallire perché dopo l’intervento si scontrerà con la realtà. Una realtà che non è quella che lui credeva. E questo porta a un blocco, perché se io ho un’aspettativa che non viene realizzata, io mollo il colpo, la mia motivazione crolla e un altro aspetto che crolla è la compliance, ovvero la collaborazione che ho con il personale, con il chirurgo, con lo psicologo, con il nutrizionista, con il team … io mi aspettavo certe cose, non si sono verificate, e quindi voi non valete!. In questo caso, spesso c’è anche una deresponsabilizzazione da parte del paziente che scarica la responsabilità sul team; è un atteggiamento frequente nella persona con obesità ed è un aspetto su cui occorre lavorare molto per capire che la responsabilità è sua, è affiancato da un team che lo sosterrà. Si lavora affinché le aspettative del paziente si avvicinino alla realtà, consapevoli del fatto che un conto è immaginarsi un percorso, un conto è viverlo nella realtà, nella pratica quotidiana, con le difficoltà, con gli ostacoli che può incontrare ogni giorno.”
“Il paziente con obesità prima di operarsi ha tante paure, se superficialmente le paure riguardano l’intervento in sé, spesso emergono paure del dopo: sarò in grado? Sarò capace di farlo? Sarò capace di dimagrire e di non tornare più ad essere obeso? Sarò capace di gestire la fame emotiva? La vita? La quotidianità in maniera differente? Mi riconoscerò in un corpo magro? Non mi sono mai vista! Non mi ricordo! Sono tutte paure legate a una bassa autostima come spesso è quella della persona con obesità che ha paura del giudizio altrui, teme la perdita e ha bisogno di dipendenza, ha bisogno di qualcuno che gli di dica “vai, ce la farai!”.
Abbandonare la dipendenza dal cibo
“È chiaro che – almeno all’inizio il sostegno psicologico è importante proprio per quello, è importante perché il paziente ha bisogno di sapere che qualcuno crede in lui per poi arrivare a portare il paziente a non aver più bisogno di questa dipendenza ma essere capace da solo di vivere. Questa è la liberazione dalla dipendenza. Abbandono la dipendenza emotiva e abbandono la dipendenza dal cibo. È un percorso lungo, è un percorso impegnativo ma soprattutto difficile… difficile vuol dire guardarsi dentro, vuol dire prendere consapevolezza delle proprie difficoltà e affrontarle. Affrontare le difficoltà che fino ad oggi non si sono ascoltate. Si nascondevano sotto a chili di cibo e di peso in eccesso. Perché è più facile riempire il corpo che affrontare i propri sentimenti, vivere le proprie relazioni sociali.”
Il condizionamento dell’ambiente familiare e sociale
“Oltre a questo, c’è un aspetto particolare che è l’aspetto della famiglia. Così come la persona con anoressia, anche quella con obesità, spesso è fagocitata dalla famiglia, per una serie di circostanze…. perché si cresce in una famiglia in cui è maleducazione non finire il piatto, perché è maleducazione farlo, perché si è cresciuti in una famiglia in cui non si possono esprimere le proprie emozioni, quindi se io le provo non le posso esprimere, blocco le mie emozioni con il cibo, le nascondo con il cibo, fino a non riconoscerle più.”
“Esiste anche un aspetto di relazione di coppia…. Io scelgo di stare con una persona con obesità perché così non viene vista, e quindi è mia, non ho paura di perderla; se mio marito, mia moglie decide di dimagrire diventa un problema; è un problema perché comincerò a chiedermi: mi vorrà ancora quando sarà magra/o? Cosa comporterà il dimagrimento? Causerà un suo cambiamento? E per quanto io sia felice perché va a stare meglio, dall’altra parte, chissà che cosa succederà a noi, alla nostra coppia… oltre al fatto che la persona con obesità, in genere è una persona facile da gestire, una persona spesso passiva che accetta tutto quello che gli viene detto perché non crede in sé quindi non si impone… Se perdo peso, comincio a impormi, se mio marito perde peso come lo gestirò? Se mio figlio perde peso, come diventerà? Son contenta però ho un po’ di paura, …. per cui a volte anche il nucleo familiare porta una persona all’obesità o la favorisce in chi è predisposto e rende difficile il dimagrimento, lo ostacola. Lo ostacola anche perché c’è un giudizio che non è solo della famiglia ma anche sociale, per cui tanti pensano: che bisogno c’è di operarsi, basta mettersi a dieta, muoversi di più …. senza rendersi conto che il problema del peso – nella persona con obesità – è un problema fisico, sicuramente, ma che nasce spesso da un problema psicologico e quindi non basta una dieta, non basta l’esercizio fisico. Serve una scossa maggiore, anche perché se devo perdere 60-70-80 chili o più una dieta è molto lunga e rischia di non farmi vedere l’obiettivo e quindi di annientare quella che è la mia motivazione, già messa a dura prova.
La La D.ssa Simonetta Sarro, Psicologa, è Mediatrice familiare, Operatrice di Training Autogeno, Socia SICOB (Società Italiana Chirurgia dell’Obesità).
La D.ssa Simonetta Sarro opera in regime di libera professione sia a livello ospedaliero che in ambito privato. Dal 2015, collabora con l’equipe multidisciplinare del Dott. Giuliano Sarro nella gestione e cura dei pazienti con obesità e svolge attività in Ambulatorio privato come psicologa, e mediatrice familiare.
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D.ssa Simonetta Sarro, Psicologa
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