A scattare la fotografia, oggi a Roma, gli esperti della Società italiana di chirurgia dell’obesità e delle malattie metaboliche (Sicob)
Chili di troppo tallone d’Achille degli italiani. I connazionali obesi sono oltre 6 milioni e dal 1994 a oggi il loro numero è cresciuto del 25%. Un milione e mezzo sono i pazienti che potrebbero scegliere il bisturi per un notevole e duraturo calo di peso, ma sono ancora pochi quelli che affrontano questo percorso: in Italia lo scorso anno sono stati sottoposti a intervento chirurgico 7 mila casi di obesità grave, contro per esempio i 27 mila della Francia.
A scattare la fotografia, oggi a Roma, gli esperti della Società italiana di chirurgia dell’obesità e delle malattie metaboliche (Sicob), durante un incontro con i giornalisti, in cui è stato anche ricordato che soprattutto in un periodo di grave crisi economica come quello che stiamo vivendo, in un Paese come il nostro che spende ogni anno 88 miliardi tra costi diretti e indiretti, la chirurgia bariatrica dovrebbe essere considerata un investimento e non un costo.
“Il problema – spiega Marcello Lucchese, presidente Sicob – è che da troppo tempo si sottovalutano i benefici medici ed economici che si possono ottenere grazie alla chirurgia bariatrica”. A questo problema si aggiunge quello dello scarso numero di centri specializzati: “In Italia ce ne sono solo un centinaio – continua Lucchese – A differenza del resto d’Europa, il loro numero è costante da almeno 10 anni.
Un paziente che richiede un intervento deve quindi aspettare da 6 a 12 mesi prima di entrare in sala operatoria. Le liste d’attesa sono sempre più lunghe e insostenibili. Eppure fin dagli anni ’90 siamo ai vertici mondiali in questa specialità”.
Secondo il presidente Sicob, a mancare in Italia è anche “la consapevolezza, da parte della popolazione e dei medici, del grave problema obesità. Oggi – sostiene Lucchese – la chirurgia è l’unico rimedio all’obesità grave, che si verifica quando una persona arriva a pesare circa il doppio di quanto dovrebbe pesare”. E proprio per rendersi conto del problema è fondamentale il ruolo del medico di medicina generale, “che dovrebbe essere più informato sull’argomento – osserva l’esperto – magari anche attraverso ‘scambi culturali’ con noi specialisti”.
“Sulla chirurgia bariatrica, poi, esistono luoghi comuni duri a morire che ne condizionano la diffusione, specialmente nel nostro Paese – aggiunge Pietro Forestieri, presidente emerito Sicob – Numerosi studi e ricerche internazionali, però, hanno dimostrato come la mortalità legata a questi interventi sia inferiore all’1%. Un obeso non operato, invece, è maggiormente esposto a numerose e gravi malattie come ipertensione, cancro, diabete, con un rischio di decesso superiore al 6%”. Anche Forestieri è tornato sull’argomento Centri specializzati, sottolineando che “è rarissimo riscontrare la creazione di nuovi centri, soprattutto ad elevati volumi di attività. Per la cura di pazienti extra-large – afferma – si devono adottare misure tali da diffondere, su più larga scala e con maggiore omogeneità, centri interdisciplinari per la terapia chirurgica di questo disturbo. Al tempo stesso, è necessario migliorare dal punto di vista tecnologico le strutture già esistenti. Per ottimizzare tutte le risorse umane ed economiche una possibile soluzione è la creazione di una rete di centri a livello nazionale”.
Il presidente emerito della Sicob ha anche lamentato la mancanza di attenzione da parte dello Stato nei confronti di questi pazienti nella fase post operatoria, quando molti si trovano in difficoltà perché non riescono a seguire la fase di mantenimento a base di vitamine, ferro e farmaci che riducono la secrezione gastrica, a causa dell’eccessivo costo di questi che per loro sono farmaci salva-vita.
Fonte
Panorama.it